giovedì 29 settembre 2011

La Russa da i numeri ( delle borse )




Nel commentare a Ballarò l’andamento delle Borse degli ultimi 10 anni tra Piazza Affari, Francoforte e Parigi il ministro ha detto cose e prodotto cifre che non corrispondono alla verità. Dalla redazione economica di Repubblica, a Milano, Walter Galbiati rimette ordine nella confusione indotta dal Ministro.

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Auto blu in Regione, Penati e altri tre rinunciano. Ma una delibera li indennizza


 

 Il documento votato il gennaio scorso prevede che chi dice no all'autovettura di servizio ha diritto a un rimborso di circa 60mila euro lordi. Di più: la disposizione è retroattiva. L'ex presidente della Provincia è attualmente vice presidente del Consiglio regionale e anche consigliere provinciale.


In Regione Lombardia la parola d’ordine è contenere i costi. Anche se, in certi casi, le strade della politica producono alcuni cortocircuiti istituzionali. Le auto blu in testa. Argomento delicatissimo sul fronte degli sprechi. Il benefit, in questo caso, spetta ai componenti dell’Ufficio di Presidenza. Tra loro c’è anche un uomo di punta del Partito democratico ed ex presidente della provincia come Filippo Penati. Il quale tempo fa ha dichiarato di voler rinunciare all’auto blu.

Ottimo. Peccato che, come capita spesso, cancellato, sulla carta, lo spreco rientri dalla finestra. E così arriviamo al 10 gennaio 2011. Data che fissa l’approvazione all’unanimità di una singolare delibera dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale, del quale fa parte lo stesso Penati. Il documento, infatti, prevede un strano passaggio. In sostanza il politico che rinuncia all’utilizzo dell’auto blu, ha diritto a “un trattamento indennitario”. Tradotto: denaro che gli rientra in tasca. Si legge “dell’opportunità di erogare, a fronte della minor spesa sostenuta dall’amministrazione consiliare, una somma di denaro correlata al 60% del totale del costo medio annuale”. Un costo medio che si aggira attorno agli 85mila euro, così suddivisi: 25mila per “acquisto e manutenzione di un’autovettura di rappresentanza e 61mila per lo stipendio di un’autista”.

E’ semplice algebra. Il risultato produce un bel tesoretto, circa 60mila euro, che ogni anno finisce in tasca a Filippo Penati. Anche perché, e il dato non appare irrilevante, la delibera è retrottativa perché, votata nel giugno scorso, diventa operativa a partire dall’undici maggio 2010. Ma Penati è in buona compagnia. Con lui anche il presidente del Consiglio regionale, il leghista Davide Boni, il quale a stretto giro di ruota dalla sua elezione ha pubblicamente rinunciato all’auto blu. Filippo Penati spiega: “In realtà questa delibera va a integrare una disposizione già esistente da almeno dieci anni”. E dunque cosa cambia? “Abbiamo solo introdotto la tassazione e nuovi criteri di calcoli più oggettivi riferiti ai costi reali dell’ente per il calcolo delle indennità”. Rifacendo i calcoli, “la cifra – prosegue Penati – si aggira sui 24mila euro”. Comunque una bella cifra. “Ma questo denaro lo impiego per pagare le spese dei miei spostamenti”. Quindi precisa: “Questa delibera comunque non è solo una mia decisione, nell’ufficio di presidenza ci sono altre persone”. Ma è anche vero che il documento è stato approvato all’unanimità. E comunque oltre a Penati, e Boni, anche altri due hanno rinunciato all’auto blu. Solo il quinto ha deciso di tenersi un benefit da 86mila euro l’anno.

Su Filippo Penati, però, pesa un altro impaccio: il doppio incarico reso tale dalla sua presenza in Consiglio provinciale. Anche qua sono i numeri a parlare. L’ex inquilino di palazzo Isimbardi, infatti, nel 2010 ha partecipato ad appena otto sedute di consiglio. Cifra che lo colloca come fanalino di coda dei vari consiglieri. Penultima la figlia del giornalista del Corriere della Sera ucciso dal terrorismo rosso il 28 maggio 1980, Benedetta Tobagi. Per lei, che si è dimessa di recente, l’asticella fissa quota nove.

Sul doppio incarico di Penati proprio ieri sono arrivate le critiche dell’Italia dei valori. “Tale comportamento – nota l’Idv – è poco consono al precetto dell’articolo 54 della Costituzione; ancor più riprovevole sarebbe mantenere un incarico istituzionale che non si è in grado di svolgere adeguatamente al solo fine di evitare il subentro di un candidato che medio tempore ha aderito a un partito della medesima coalizione”. Sul punto ha risposto subito Penati: “Credo sia doveroso restare nelle istituzioni anche quando si perde”. Dopodiché ha spiegato:”Il 2010 per me è stato un anno molto impegnativo. Per molti mesi sono stato completamente assorbito dalla campagna elettorale delle regionali, come candidato presidente, questo ricoprendo anche l’incarico di capo della segreteria politica di Bersani”. Nulla da dire. Resta solo un’ultima questione. Quel denaro che ufficialmente rientra nelle casse della Regione e che poi riesce sotto forma di indennità.

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martedì 27 settembre 2011

Cos’è il Fondo salva-stati?

La sigla Efsf sta dominando le cronache finanziarie di questi giorni: di cosa si tratta esattamente? L’acronimo sta per European Financial Stability Facility, letteralmente il meccanismo europeo di stabilità finanziaria: il G20 parigino ha riguardato soprattutto questo programma, tanto che si è parlato di un possibile rafforzamento, di un aumento delle dimensioni e di un “effetto leva”. L’Efsf, meglio conosciuto come “Fondo salva-stati”, è stato creato e istituito proprio per aiutare le economie dell’eurozona maggiormente in difficoltà. In effetti, la sua investitura ufficiale risale al 9 maggio del 2010, quando il Consiglio dell’Ecofin ne ha sancito la nascita. Esso fa parte di un pacchetto globale di salvataggio finanziario che ammonta a ben 750 miliardi di euro: il suo ruolo prevede l’emissione di bond garantiti dalla stessa Unione Europea e per un importo superiore a 440 miliardi, sempre e comunque in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale. Ci si può fidare davvero di questo fondo, visto che si sta discutendo un suo ulteriore miglioramento? Per il momento, tale programma sta scongiurando altre crisi del debito e il contagio greco, ma i suoi poteri a quanto pare non sono sufficienti e per ottenere maggiori finanziamenti è necessaria una revisione piuttosto profonda; in realtà, quest’ultima non è poi così semplice come potrebbe sembrare, anche perché tutte le nazioni di Eurolandia devono essere d’accordo sulla proposta e fornire l’approvazione, quando invece ci stiamo accorgendo che l’Europa è tutto meno che coesa. Possibile ci si accorga solo ora che l’Efsf non è utile nella sua attuale conformazione? I problemi economici sono stati colpevolmente sottovalutati e continuando di questo passo si rischiano scenari disastrosi: ad esempio, l’area dell’euro si frazionerebbe in maniera inevitabile, con perdite evidenti per la maggior parte delle banche e una svalutazione fortissima per quel che riguarda le nuove valute dei paesi. Eppure, le idee e i suggerimenti brillanti non mancano: la soluzione migliore è quella che prevede la trasformazione del fondo in una vera e propria banca, una sorta di compagnia assicurativa in grado di garantire gli investimenti. Inoltre, la disponibilità più adeguata dovrebbe essere innalzata fino a novecento miliardi di euro, da usare anche per l’acquisto di obbligazioni periferiche. In fondo, come affermò una volta l’ex presidente francese Jacques Chirac, la costruzione dell’Europa rimane pur sempre un’arte, l’arte del possibile.

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Cos’è il processo Mediaset

Questa mattina era stato annunciato che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si sarebbe presentato nell’aula del tribunale di Milano dove al cospetto del presidente della prima sezione penale, Edoardo D’Avossa, si sta celebrando il cosiddetto “processo Mediaset”. Alla fine Berlusconi non c’era ma erano presenti i suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo, che hanno comunicato di non essere disponibili per il 5 ottobre, data in cui è stata fissata la videoconferenza da Montecarlo con due testimoni ottenuta grazie a una rogatoria internazionale. Il presidente D’Avossa ha replicato duramente affermando:” Questo è un processo a rischio prescrizione, non ci possiamo bloccare sulla rogatoria, che non si può rinviare”.
Il processo Mediaset è uno dei procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi. Nata da un filone del processo All Iberian, l’inchiesta si concentra su una presunta compravendita di diritti televisivi effettuata da Mediaset con altre società offshore, sempre riconducibili al gruppo di Berlusconi, con l’intento di far lievitare il prezzo e accumulare fondi neri all’estero su cui non venivano pagate le tasse. In pratica l’ipotesi dell’accusa è che Mediaset non avesse acquistato direttamente negli Stati Uniti i diritti televisivi per trasmettere alcuni programmi o film, ma avesse costituito una serie di società con sede legale in paradisi fiscali (offshore) incaricandole di acquistare appunto i diritti televisivi e rivenderseli tra di loro maggiorando ad ogni passaggio il prezzo. Alla fine Mediaset avrebbe acquisito i diritti pagandoli più del reale valore ma il surplus generato sarebbe rimasto comunque a disposizione di queste aziende offshore intestate a diversi prestanome. Si generavano quindi fondi neri (280 milioni di euro in dollari, lire, franchi francesi e svizzeri e fiorini olandesi) su cui non venivano pagate le tasse e oltre al fisco venivano frodati anche gli azionisti di Mediaset.
Per i particolari ci affidiamo alla ricostruzione presente su Wikipedia
Dall’indagine All Iberian nasce questo filone d’inchiesta su due società estere collegate alla Silvio Berlusconi Finanziaria (società lussemburghese), la Century One e la Universal One. Sui conti di tali società hanno lasciato l’ultima traccia i fondi neri «distratti su conti bancari in Svizzera, Bahamas e Montecarlo [...] nella disponibilità degli indagati [...] e gestiti da fiduciari di Berlusconi». La cresta sulla compravendita dei diritti di film made in USA avveniva, secondo l’ipotesi accusatoria, in modo illegale: Mediaset non li comprava direttamente ma da società offshore (Century One e Universal One e altre come la Wiltshire Trading e la Harmony Gold) che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle, facendo lievitare il prezzo ad ogni passaggio. La differenza tra il valore reale e quello finale consentiva di mettere da parte fondi neri.
Berlusconi avrebbe intascato fondi neri (280 milioni di euro in dollari, lire, franchi francesi e svizzeri e fiorini olandesi) in nero, senza pagarvi le tasse e frodando i propri azionisti (falso in bilancio). Ma la difficoltà maggiore per i PM è stato capire come avvenivano tali operazioni, considerato che il premier ha lasciato tutte le cariche sociali nel 1993. Berlusconi avrebbe continuato a occuparsi delle società tramite prestanome. L’ipotesi accusatoria è suffragata dalle testimonianze di Carlo Bernasconi (capo della Silvio Berlusconi Communications), Oliver Novick (responsabile della Direzione Corporate Development) e Marina Camana (segretaria di Bernasconi che, secondo le rivelazioni dell’Espresso, ha raccontato proprio che le indicazioni per gli acquisti venivano da Arcore).
Il 14 ottobre 2005 la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici della Mediatrade spa, cioè la società controllata dal Gruppo Berlusconi che ha preso il posto, a partire dal febbraio 1999, di Mediaset e la Maltese Ims nell’acquisto dei diritti TV. La procura avrebbe scoperto massicci trasferimenti di denaro della Wiltshire Trading (società intestata ad Agrama) a favore di conti svizzeri di personaggi Mediaset (denominati “Leonardo”, “Trattino”, “Teleologico”, “Litoraneo”, “Sorsio”, “Clock” e “Pache”). Questo nuovo filone nasce dalla testimonianza di un ex dirigente Paramount, Bruce Gordon, che definisce Agrama come «agente di Berlusconi» e «rappresentante Fininvest». Farouk Mohamed Agrama, detto Frank, è considerato l’interfaccia di Lorenzano (ex capoacquisti di Mediaset) negli USA.
Secondo la procura l’accumulazione dei fondi neri sarebbe continuata anche oltre il 1999, fino al 2002 cioè quando Berlusconi era già Presidente del consiglio. Berlusconi e Mills sono accusati di corruzione in atti giudiziari. Si legge nell’atto notificato il 16 febbraio 2006:
« Deponendo Mills in qualità di testimone nei processi ‘Arces + altri’ e ‘All Iberian’, accettava la promessa e successivamente riceveva da Carlo Bernasconi (manager Fininvest, morto nel 2001, ndr), a seguito di disposizione di Silvio Berlusconi, la somma di 600mila dollari, investita dallo stesso Mills in unità del fondo Giano Capital e l’anno successivo reinvestita nel Torrey Global Offshore Fund, per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio di testimone: come in effetti faceva affermando il falso e tacendo in tutto o in parte ciò che era a sua conoscenza in ordine al ruolo di Silvio Berlusconi nella struttura di società offshore creata dallo stesso Mills, struttura fuori bilancio utilizzata nel corso del tempo per attività illegali e operazioni riservate del gruppo Fininvest.»
Davanti ai giudici, in particolare, Mills «ometteva di dichiarare quanto a sua conoscenza in ordine alla proprietà e al controllo delle società offshore del Fininvest B group e di conseguenza non rivelava che delle stesse erano beneficiari Silvio Berlusconi, Carlo Bernasconi e Livio Gironi, e che il controllo sulle stesse era esercitato da fiduciari della famiglia Berlusconi» e di «riferire la circostanza del colloquio telefonico intercorso nella notte del 24 novembre 1995 con Silvio Berlusconi in ordine alla società All Iberian e al finanziamento da 10 miliardi di lire erogato tramite All Iberian a Bettino Craxi».
Bugie ricompensate, secondo la Procura, con quei 600.000 dollari riciclati da Mills in fondi riservati.

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lunedì 26 settembre 2011

GIU' LE MANI DAL REFERENDUM


Berlusconi: «Sono più popolare di Obama». Ecco cosa abbiamo scoperto…

Come sicuramente ricorderete, qualche settimana fa a Napoli, il premier Berlusconi illustrava ai giornalisti presenti all’uscita del Teatro San Carlo di Napoli il suo indice di popolarità: «I sondaggi che ho io mi danno il 75,1% di consensi, mentre Obama è al 59%. Quindi il mio è un record assoluto» (Per intenderci, si parla di popolarità e apprezzamento dei leader politici nei rispettivi paesi e non di intenzioni di voto). “Il Giornale” qualche giorno prima titolava infatti: «Sondaggi Il Cavaliere è il leader più amato al mondo». Meno interessanti per le tv italiane  sono stati i fischi di diversi manifestanti lì riuniti, mostrati solo in alcuni filmati pubblicati sul web. Ora, nessuno mette in dubbio che tanti italiani apprezzino l’operato del premier, ma è quantomeno legittimo chiedersi dove sono quei sondaggi e chi li ha fatti. E’ come se quei numeri fossero caduti dal cielo o fossero stati trovati sotto ad un arcobaleno. Che si tratti veramente di sondaggi di sua proprietà o di una società del suo gruppo e quindi, quantomeno opinabili? Non ci è dato saperlo. Quello che è certo è che i media italiani non si sono preoccupati troppo di verificare questo dato, limitandosi – come al solito – a riportare solamente le parole del premier e a farle commentare dai suoi adulatori e dai suoi oppositori. Ma noi abbiamo voluto verificare, e siamo andati a cercare dei sondaggi internazionali, svolti cioè in paesi avanzati e dall’informazione non “parzialmente libera” come recentemente è stata classificata quella italiana, per vedere se realmente Berlusconi è il “più amato”.
Tra gli istituti leader mondiali nella sondaggistica c’è senza dubbio la Harris Interactive. Vi proponiamo dunque un recente sondaggio di questo istituto di ricerca. E’ un sondaggio che misura la popolarità dei più importanti leader mondiali, commissionato a Harris Interactive dall’emittente televisiva francese France 24 e dall’International Herald Tribune, quotidiano venduto in più di 180 paesi. Il sondaggio, che successivamente è stato pubblicato anche su altri autorevoli quotidiani, è stato effettuato su un campione di 6.538 persone (età 16-64) in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti e in Italia, tra il 25 febbraio e il 3 marzo. Ecco dunque gli indici di popolarità dei principali leader mondiali (media dei sei paesi):

1. Obama 80%
2. Dalai Lama 74%
3. Merkel 51%
4. Blair 48%
5. Sarkozy 40%
6. Ratzinger (Papa Benedetto XVI) 39%
7. Brown 36%
8. Zapatero 35%
9. Ban Ki-Moon 33%
10. Barroso 30%
11. Lula 25%
12. Berlusconi 17%
13. Fidel Castro 16%
14. Putin 16%
15. Chavez 14%
16. Mednev 10%
17. Hu Hintao 9%
18. Al-Assad (Siria) 8%
19. Ahmadinejad 6%

Nella relazione finale si legge:
«Obama è di gran lunga il leader più popolare in Europa e negli Stati Uniti. Nessun altro leader al mondo può vantare una popolarità minimamente paragonabile alla sua».
Non pare ci siano dubbi: Obama è “di gran lunga” (“by far”) il più popolare al mondo. Per la Harris Interactive la differenza di popolarità tra Obama e Berlusconi è veramente abissale e incolmabile: 80% di apprezzamento per Obama contro solo il 17% per Berlusconi. Obama è primo, Berlusconi solo dodicesimo su diciannove.
Continua il documento di Harris Interactive:
«A livello europeo, la Merkel è la più popolare e Berlusconi il meno popolare».
La Merkel infatti, con il suo 51% di apprezzamento, vanta ben 34 punti percentuali in più di Berlusconi. E’ interessante inoltre notare come a livello internazionale i politici meno “amati” di Berlusconi siano soltanto dittatori o figure controverse: Fidel Castro, Putin, Chavez, Mednev, Hu Hintao, Al-Assad e Ahmedinejad. Berlusconi ha solo un punto di gradimento in più di Fidel Castro. Dal sondaggio emerge anche un altro dato interessante: il gradimento di Berlusconi è buono tra i telespettatori-elettori italiani (38%) ma decisamente più inferiore in Europa e negli Stati Uniti: 16% negli U.S.A. e in Spagna, 13% in Inghilterra, 12% in Germania e addirittura solo il 7% in Francia. Infatti, tra tutti i leader occidentali, Berlusconi è quello con la più grande differenza tra la popolarità interna (38%) e quella media tra i sei paesi (17%), ben 21 punti percentuali di differenza. E’ lecito concludere, anche se ognuno può trarre le sue conclusioni, che probabilmente il possesso di molti media italiani giochi fortemente a suo favore nel mantenere i suoi consensi elevati. Difatti la Harris International non lascia spazio a dubbi, scrivendo chiaramente:
«La grande differenza tra la popolarità del Primo Ministro Berlusconi in Italia rispetto agli altri paesi è sicuramente il riflesso del suo controllo sulla gran parte dei media italiani».
Analizzando solo il campione statunitense, il gradimento di Berlusconi da novembre a aprile è diminuito di 4 punti (dal 20 al 16%), forse per via della tanto criticata dichiarazione infelice riguardo al colore della pelle di Obama. Ma il gradimento di Berlusconi da novembre a aprile è diminuito in tutti i campioni parziali: in Gran Bretagna dal 16 al 13% (forse per aver fatto innervosire l’autorevole regina d’Inghilterra); in Spagna dal 20 al 16%; in Germania dal 14 al 12% (forse per via della gaffe fatta con la Merkel); in Francia dal 9 al 7%. Appare dunque opinabile anche un’altra frase spesso pubblicizzata su diversi giornali della famiglia Berlsuconi, secondo i quali «Con Berlusconi, l’apprezzamento del nostro paese all’estero è aumentato». I dati della Harris Interactive dimostrano il contrario: Berlusconi all’estero gode di una popolarità decisamente bassa. Persino in Italia, dove è noto il potere mediatico del premier, la sua popolarità è diminuita dal 43 al 38%. Sarebbe interessante conoscere la sua percentuale di popolarità in Finlandia, dove un partito candidato alle europee ha perfino lanciato uno slogan inequivocabile:  «votateci, fermeremo Berlusconi».
Visto che da anni in Italia i sondaggi hanno assunto una discreta importanza, ci auguriamo che in futuro ne venga fatto un uso più appropriato, più corretto e non  meramente propagandistico. Se lo scopo non è quello di fare campagna elettorale ma di fare informazione (vera), allora andrebbero diffusi non solo i sondaggi “privati” o di istituti di ricerca in qualche modo collegati a Berlusconi o a gruppi politici e industriali italiani, ma anche quelli di importanti e indipendenti compagnie internazionali, in quanto assolutamente non sospettabili di mancanza di professionalità o vera e propria faziosità.

MARCO TRAVAGLIO OSPITE A CHE TEMPO CHE FA


sabato 17 settembre 2011

Nucleare mai così insicuro Nel 2011 il declino dell'atomo

IN pochi mesi l'immagine del nucleare sicuro, che decenni di battage pubblicitario avevano presentato come un picco della nostra capacità tecnologica di dominio sulla natura, si è mutata nel suo opposto. Il 2011 è l'anno dell'insicurezza nucleare. A marzo, assieme al disastro di Fukushima, è andata in pezzi la credibilità di uno dei tre paesi leader della fissione. Adesso l'allarme arriva alle porte dell'Italia, nella Francia che ha puntato tutto sull'atomo e si trova di fronte a difficoltà crescenti in un'Europa in cui la Germania guida il salto verso l'energia da fonti rinnovabili.

Il bilancio dell'esplosione nel sito nucleare di Marcoule è ancora incerto. La protezione civile si è subito allertata per timore di una fuga radioattiva, poi smentita. Il comunicato dell'autorità francese per la sicurezza nucleare parla di un morto e di 4 feriti nell'incidente: si spera che la situazione non si aggravi.
Quello che è certo è che il mito della sicurezza nucleare, che nel 1986 aveva indotto Parigi a oscurare le notizie sulla nube radioattiva proveniente da Cernobyl, non esiste più. L'elenco degli incidenti registrati negli ultimi anni è un flusso preoccupante e, con poco più di 400 reattori in funzione, ci sono stati 3 casi di fusione del nocciolo in 32 anni (Three Mile Island nel 1979, Cernobyl nel 1986, Fukushima nel 2011).

Questa situazione, ben diversa da quella dipinta nelle previsioni ufficiali, spiega il cambiamento sempre più netto dell'opinione pubblica, un cambiamento misurabile anche osservando episodi apparentemente minori. Ad esempio l'incidente del 2008 all'impianto di Tricastin (una banale operazione di pulizia di una vasca aveva causato la fuoriuscita di 30 mila litri di acqua radioattiva che si era riversata nei fiumi vicini), ha indotto i viticoltori a una battaglia legale durata due anni per cambiare denominazione al doc della zona, invendibile finché associato a un luogo che era stato contaminato.

Anche i mercati hanno messo il timbro sul declino nucleare. Al di là della scivolata del titolo Edf alla notizia dell'esplosione a Marcoule (meno 6 per cento), la percezione della misura del rischio legato al ciclo del nucleare ha cambiato la convenienza degli investimenti sull'atomo. La capacità elettrica del nucleare, a livello globale, è in discesa.

E il colosso francese del nucleare, Areva, l'anno scorso è stato declassato da Standard and Poor's passando da A a BBB: aveva perso un buon numero di gare per la costruzione di impianti all'estero e si era intrappolato in un contenzioso legale da più di un miliardo di euro per i ritardi nella costruzione del reattore di Olkiluoto, il primo di una serie annunciata come la base del rilancio nucleare. La ciambella di salvataggio lanciata da Berlusconi con la decisione di acquistare 4 centrali era risultata un elemento troppo isolato per modificare il giudizio di fondo.
Ora l'infinito inanellarsi di incidenti spinge a concentrare l'attenzione sullo smantellamento: il governo britannico nel 2007 ha valutato in 125 miliardi di euro il costo del decommisioning del suo obsoleto parco nucleare. Da questo punto di vista l'Italia appare fortunata perché il suo carico di centrali da rottamare è molto ridotto. Può approfittarne per investire le risorse disponibili verso l'energia pulita destinata a dominare i prossimi decenni.

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giovedì 15 settembre 2011

La telefonata tra Berlusconi e Lavitola “Resta all’estero, vi scagiono tutti”

“Sono tutte cose che non esistono e su cui io scagionerò naturalmente tutti”. Con questa frase Silvio Berlusconi rassicurava Valter Lavitola al telefono lo scorso 24 agosto. E’ quanto emerge dai nuovi atti sul caso Tarantini depositati dai pm napoletani che indagano sulla presunta estorsione al premier. Ma non è tutto. Sentita dai pm di Napoli, la storica segretaria del premier Marinella Brambilla afferma che il direttore de L’Avanti, parlando di “foto”, faceva in realtà riferimento a una richiesta di denaro. E ancora: l’ex avvocato di Gianpi Tarantini, Giorgio Perroni, interrogato il 2 settembre, conferma che a fargli assumere la difesa dell’imprenditore diventato noto con il caso D’Addario, è stato proprio Berlusconi, presunta vittima di estorsione proprio da parte di Tarantini. La documentazione (che farà parte del materiale a disposizione delle parti in occasione dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame chiesta dai legali di Tarantini per la revoca della misura cautelare), contiene l’intercettazione di una telefonata del 24 agosto scorso tra il presidente del Consiglio e Lavitola, tuttora latitante, anticipata da un servizio la scorsa settimana da L’Espresso. L’avvocato Ghedini, a stretto giro, smentì l’esistenza stessa della telefonata. Confermata invece da Berlusconi già venerdì scorso. In quell’occasione il premier affermò di non essere ricattabile.

LA TELEFONATA – A chiamare, intorno alle 21, è il direttore dell’Avanti, che valuta con il premier l’ipotesi di non rientrare in Italia: ”Senta dottore, vabbe’io mo sono fuori…a sto punto…”. Berlusconi risponde: “E resta lì e vediamo un po’…uhm…”. La conversazione avviene dopo che, appunto, erano trapelate notizie sull’inchiesta a carico di Gianpaolo Tarantini e dello stesso Lavitola sulla presunta estorsione al premier, e prima che venissero eseguite le misure cautelari. Ora la trascrizione di quella telefonata è stata depositata dai pubblici ministeri. Ecco la trascrizione integrale:

Berlusconi: “Sì pronto?”

Lavitola: “Dottore senta sto in Bulgaria sto a Sofia con telefono di qua se intercettano pure questi che c… ne so”

Berlusconi: “Hai visto che avevo ragione io, dimmi”

Lavitola: “Sì, purtroppo sì, non lo so…dico io ho visto la sua dichiarazione che lei ha aiutato questo ragazzo e così come”.

Berlusconi: “Non non non facevo riferimento tuttavia alle cose che ho successivamente letto che non esistono quindi sono”

Lavitola: “E…”

B: “Sono tutte cose che non esistono e su cui io scagionerò naturalmente tutti”

L: “E’ per questo voglio di’… quello tutto. Cioè voglio dì… questo è un parto di pura fantasia perché oltretutto”.

B: “Sì io non so quali sono le vostre affermazioni tra di voi che non conosco”.

L: “Ma nean…”

B: “Ecco be”.

L: “Ma non credo che ci sia nessun tipo di affermazione”.

B: “Ecco comunque insomma io non non quando posso aiuto quando non posso non aiuto e quando aiuto sono contento di poter aiutare… tutto qui”.

L: “Senza ombra di dubbio senta vabbé io sono fuori a sto punto”.

B: “E resta li e vediamo un po’”.

L: “Dopodiche proviamo a trovare il modo per contattarci”.

B: “Va bene”.

L: “Cerchiamo di non abbandona a questo qua”.

B: “Certamente certamente e d’accordo”.

L: “Un bacione dottore”.

B: “Bene buone vacanze”.

L: “Pure a lei”.

LA SEGRETARIA E LE “FOTO” DA 10MILA EURO – Lavitola le parlò di foto “in modo sibillino”, lei riferì la circostanza al presidente del Consiglio che “capì subito” e le disse di prelevare 10mila euro dalla sua cassaforte privata. Lo ha spiegato la segretaria del premier Marinella Brambilla interrogata in qualità di testimone dai pm di Napoli che indagano sul presunto ricatto a Berlusconi. Secondo la storica segretaria, il premier Berlusconi si mostrò “infastidito e piccato” dalle richieste di denaro avanzate da Valter Lavitola. I magistrati le chiedono se, quando fu autorizzata da Berlusconi a prelevare i soldi dalla cassa destinati ai coniugi Tarantini tramite Lavitola, il Cavaliere fosse “piccato, indifferente, soddisfatto o infastidito”. La Brambilla risponde: “Ricordo che era sicuramente infastidito e piccato. Disse qualcosa tipo: ‘ma è un rompiscatole..o qualcosa del genere”.

L’AVVOCATO DI TARANTINI: “MI FECE ASSUMERE B:” – “Per ciò che riguarda l’incarico ricevuto da Tarantini, preciso che nel settembre 2010 mi chiamò il presidente Berlusconi che mi chiese di assumere la difesa di Tarantini”. Lo afferma l’avvocato Giorgio Perroni, ex difensore dell’imprenditore pugliese, interrogato il 2 settembre scorso dai pm di Napoli Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock e dal pm di Lecce Antonio De Donno, che indaga sui presunti ritardi nelle indagini sulle escort da parte della procura di Bari. Subito dopo – aggiunge – io chiamai l’avvocato Ghedini, difensore di Berlusconi, al quale comunicai tale circostanza; Ghedini si limitò a dirmi che Tarantini non si era trovato bene con il suo precedente difensore D’Ascola. Successivamente fissai un appuntamento con Tarantini che fu accompagnato al mio studio dall’avvocato Quaranta e da Lavitola, che io non avevo mai visto. Dopo la riunione dissi a Tarantini di non presentarsi più con Lavitola al mio studio e ciò dal momento che non è mia abitudine intermediare, con un terzo che non conosco, il rapporto con il cliente. Tra l’altro Lavitola non mi fece una buona impressione, circostanza questa che non comunicai a Tarantini”.

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mercoledì 14 settembre 2011

Una Cozza non è per sempre


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Marianna e Nina, incensurate e in carcere


Che strano Paese è il nostro, nel quale il mandato di arresto per Cosentino (Pdl) e Tedesco (Pdmenoelle) è respinto dal Parlamento e due ragazze incensurate finiscono in carcere a Torino. Marianna, 20 anni, e Nina, 35, sono due pacifiste che hanno protestato per la vergogna della Tav in Val di Susa, un mostro inutile di 22 miliardi pagati con le nostre tasse. Marianna studia medicina e Nina è infermiera e volontaria per il 118, ha tre figli. Perché arrestarle? Non erano sufficienti i domiciliari? E non si è forse colpevoli solo dopo un regolare processo? Quale tremendo pericolo sociale rappresentano queste due donne? E in che cazzo di Stato stiamo ormai vivendo? Davide Bono, consigliere regionale del M5S, ha incontrato le due ragazze in carcere questa mattina. Presto pubblicheremo il suo resoconto.
Invito a scrivere alle due ragazze un telegramma di sostegno:

Ecco il loro indirizzo:
GARBERI ELENA / VALENTI MARIANNA
Casa circondariale
Lorusso Cotugno
Via Pianezza 300
10151 Torino
Intervista a Simonetta Zandiri attivista No Tav:

La realtà parallela della Val Susa (espandi | comprimi)
Sono Simonetta Zandiri attivista No Tav. La lotta No Tav coinvolge per un’evidente emergenza che è sotto gli occhi di chi vive localmente. Purtroppo non è così sotto gli occhi di chi è lontano, perché i media continuano a censurare e mandare solo una parte di informazione, poco o niente delle nostre ragioni e di quello che sta succedendo veramente in Val Susa. Quando si arriva a Chiomonte sembra di abbandonare il confine italiano e di entrare in una realtà parallela.


Diritti calpestati da 22 anni (espandi | comprimi)
Adesso sono accusate di aggressione in concorso e di aggressione a pubblico ufficiale, gli elementi a loro carico sono un po’ determinati dalla situazione nella quale le hanno prese più che dai gesti individuali e le accuse sono molto gravi e abbiamo la sensazione che il caso sia più che altro politico, perché la stessa presenza all’udienza di convalida dell’arresto del vice di Caselli che è una persona importantee poi ho combattuto sempre


Due donne in carcere (espandi | comprimi)
Da venerdì non hanno ancora potuto incontrare nessuno a parte gli avvocati ovviamente e non hanno ancora visto neanche i genitori, non hanno potuto avere niente, neanche un po’ di biancheria da casa, qualcosa per cambiarsi, sappiamo che stamattina è andata la Artesio a incontrarle, la consigliere regionale e ci auguriamo che altri che hanno la possibilità possano andare a portare la solidarietà, per noi è un po’ più difficile perché la prassi e l’iter per essere ammessi,

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lunedì 12 settembre 2011

I “Comizi d’amore” di Michele Santoro

Alla festa de ‘Il Fatto Quotidiano’, a Marina di Pietrasanta, Michele Santoro ha annunciato che a fine ottobre andrà in onda con un nuovo programma. Si chiamerà “Comizi d’amore”, come il film documentario con cui Pier Paolo Pasolini nel 1965 raccontò come stava cambiando la moralità in Italia. Saranno 25 puntate:”“Che cosa faremo lo abbiamo già fatto vedere due volte a Bologna, con Raiperunanotte e Tuttinpiedi” ha detto Santoro: “per cui se vi piacciono quei programmi realizzati in maniera indipendente e grazie al vostro aiuto, noi quei programmi vogliamo rifarli”.
Il piano economico ha una struttura mista. In parte si raccoglieranno fondi con offerte volontarie dei cittadini ma ci sono anche degli imprenditori pronti a fare la propria parte e comunque è prevista una raccolta pubblicitaria. L’iniziativa sarà sostenuta dall’associazione “Servizio pubblico” che raccoglierà i fondi dagli iscritti: “Se voi ci darete 10 euro -ha spiegato Santoro – ‘Servizio pubblico’, con l’aiuto di impenditori che sono qui, come Sandro Parenzo, Etabeta e con l’aiuto del Fatto che ha aperto la strada dell’indipendenza, manderà in onda il programma. Sarà una grande manifestazione televisiva, basterà mettersi davanti allo schermo. Se riusciremo a far vivere sul digitale e sui canali Sky che ospiteranno la trasmissione questo progetto e se milioni di persone saranno lì, allora noi ci saremo avvicinati alla possibilità di trasformare la televisione italiana”. “Faremo 25 puntate, non ho ancora deciso il giorno e l’orario, ma mi piacerebbe andare contro Vespa”.



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domenica 11 settembre 2011

I 5 Stelle rilanciano il Parlamento pulito Beppe Grillo porta in piazza il “cozza day”



“Tutti in fila indiana, silenziosi ed ordinati”. Queste le prime parole che Beppe Grillo pronuncia ai manifestanti di piazza Navona, arrivati da tutta Italia per il “Cozza day”. Come un gran cerimoniere, corredato di maglia tricolore, il comico genovese si rivolge a una piazza che da stamattina ha invaso la Capitale per protestare contro la manovra del governo e il silenzio sulla legge ‘Parlamento pulito’, 350mila firme che giacciono in Senato dal 2007. Per evitare che sieda in aula chi ha condanne penali e chi ha già fatto più di due mandati.

Una “v” umana per mandare a quel paese il Parlamento. E’ iniziato così, con quattro flash-mob itineranti in luoghi simbolo di Roma, appunto, il “Cozza day”, il giorno contro le “cozze parlamentari abusive” organizzato dal Movimento 5 Stelle. Dal Colosseo, al Campidoglio, a piazza di Spagna, fino a piazza del Popolo, la protesta prende forma con slogan e cartelloni, il tutto condito dai cori dei manifestanti che attaccano la Casta dei politici. La scelta della lettera “v” è anche in memoria del V-day di tre anni fa, spiegano gli organizzatori: “Da allora non è cambiato nulla in questo Paese e, se è possibile, la situazione peggiora di giorno in giorno, con l’aggravante di un totale disinteresse nei confronti dei cittadini, di quello che hanno chiesto a gran voce con la legge di iniziativa popolare che è finita a fare la muffa nelle aule del Senato”.



 A srotolare un lungo striscione con la scritta “a casa i molluschi”, durante il presidio di piazza di Spagna, molte persone che quella proposta di legge l’avevano firmata e che oggi portano per le vie di Roma la loro indignazione. Spiega Silvana di Nicolò mentre dà il via all’ultimo flash-mob della mattina: “La legge porcata di Calderoli fu approvata dal governo Berlusconi nel 2006, gli successe Prodi che in due anni non la cambiò, e neppure ci provò. Nessuno protestò. Ora, invece di portare la legge Parlamento pulito in discussione al Senato, gli stessi che non hanno mosso un dito quando erano al governo, propongono un referendum abrogativo che non risolverebbe nulla”. Anche se il porcellum venisse abrogato, chi ha condanne penali potrebbe rimanere comunque in Parlamento assieme a chi ha già superato i due mandati.

Piazza Navona è stata trasformata per l’occasione in una grande agorà pubblica delimitata da tre tagli di stoffa, lunghi 12 metri l’uno che formano la bandiera italiana. Tante le scritte in giro che ricordano anche le lotte del Movimento 5 Stelle, come i cartoncini che fanno bella mostra delle poltrone parlamentari posizionate sotto la lunga bandiera. Ecologia, informazione, acqua pubblica, onestà, queste le parole che si ripetono con più frequenza e questi i messaggi che i manifestanti porteranno oggi a Montecitorio. Da Piazza Navona, infatti, dopo l’attesissimo intervento di Grillo, è partita una lunga processione, in fila indiana, fino alla sede della Camera, dove ogni manifestante ha deposto una cozza simbolica in un grande cesto davanti la porta di accesso della Camera. Perché come ha spiegato Grillo, “la deposizione della cozza a Montecitorio è un esercizio catartico, simbolico. Servirà per purificare l’aria, per respirare profondamente e guardare in alto verso l’eterno cielo azzurro. Le cozze stanno formando una muraglia. Un groviglio di mitili avariati attaccati allo stesso scoglio”. E per chi volesse, carta e penna per la ricetta dell’impepata di cozze parlamentari.

Standing ovation, quando la politica si mischia alla satira con un Grillo che, da un palco improvvisato inizia il comizio show mostrando una grande rete con migliaia di cozze dentro: “Neanche Pinochet, o il generale Franco avrebbero agito così nascondendo le firme di 350 mila cittadini. Avrebbero almeno come intelligenza dato una risposta. Ricordando che i militanti del 5 Stelle non sono un movimento politico ma un’idea collettiva coadiuvata dalla rete per lottare assieme su dei progetti”.



ideo di Irene Buscemi e Paolo Dimalio)

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Il MoVimento 5 stelle non esiste

Oggi è stato fantastico…….
Eravamo tantissimi e da tutta Italia per chiedere conto delle nostre firme, è stata una manifestazione pacifica, scivolata via senza nessun problema.
La democrazia, quella vera, era in piazza oggi e non nei palazzi della politica, e come sempre accade nel nostro paese, il potere nasconde quello che non gli piace.
La manifestazione di oggi per molti giornali, non è esistita.


La stampa parla degli Indignados, anche loro a Roma, ma (sabato) del cozza day non c’è traccia.
Solo domenica mattina vengono aggiunte due righe (che non dicono nulla) sul Cozza day.


Per Il Giornale ieri a Roma è stato un pomeriggio come tutii gli altri, nessuna traccia del Cozza Day sul giornale di Paolo Berlusconi


Sul Corriere della sera c’è di tutto: La Canalis che si spoglia per gli animalisti, Elvis che guida una McLaren ma del Cozza Day nessuna traccia.




Fa eccezzione, La repubbilca, che ha dedicato un articolo al Cozza day dove almeno viene spiegato il motivo per cui eravamo in piazza.
Il Fatto quotidiano è l’unico Giornale che si occupa del Cozza Day in modo completo pubblicando foto, video e un articolo esaustivo.
Come è possibile che una manifestazione democratica e pacifica venga nascosta ai lettori di molti giornali?
La spiegazione è semplice, se i lettori fossero in grado di capire i contenuti del Cozza day potrebbero, forse cambiare idea sul Parlamento.

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sabato 10 settembre 2011

Cozza Day, istruzioni per l'uso


Il 10 settembre 2011 ci sarà l'impepata di cozze a Roma. Alle 15 partirà da piazza Navona una processione laica. Ognuno con la sua cozza in mano. In fila indiana. Ordinati sul marciapiede per via santa Giovanna D'Arco. La cozza sarà deposta in un cestone in piazza Montecitorio. Partirò per primo con il mio carico di gusci di cozze freschi fatti arrivare da Livorno. E' importante essere disciplinati, non saltare la fila. Dare l'impressione di una forza tranquilla che nessun potere può intimidire. Non fornire alcun alibi al Sistema.
La deposizione della cozza a Montecitorio è un esercizio catartico, simbolico. Servirà per purificare l'aria, per respirare profondamente e guardare in alto verso l'eterno cielo azzurro. Le cozze stanno formando una muraglia. Un groviglio di mitili avariati attaccati allo stesso scoglio. Politici, banchieri, giornalisti, concessionari camuffati da imprenditori. Il disastro economico li costringe a sorreggersi a vicenda. Se si stacca uno dal Palazzo, si staccano tutti. La politica dal basso, la partecipazione dei cittadini gli fa paura. E' per loro un salto nell'ignoto, nel buio dal quale provengono. Una resa dei conti rimandata per decenni. Qui si fa la nuova Italia o il 150° anniversario della Nazione sarà il primo anno della sua dissoluzione. La crisi sono loro, l'hanno creata loro, non possono risolverla loro. Il cambiamento non può venire dai banchieri o dai magistrati. Lo si è visto in questi anni. La corruzione è aumentata dopo Mani Pulite. L'economia è disastrata nonostante Ciampi e Dini della Banca d'Italia siano stati presidenti del Consiglio. Il Paese può essere cambiato solo dalla politica, ma non da questa politica. Gli italiani devono poter esercitare i loro diritti democratici, come hanno fatto per il referendum per l'acqua e per il nucleare. E come hanno chiesto con Parlamento Pulito, una proposta ignorata da tutti i partiti da quattro anni. Il potere deve ritornare nelle mani dei suoi legittimi proprietari: i cittadini. La partitocrazia è una forma diversa di dittatura, più subdola perché ti illude di essere in democrazia. I partiti hanno preso il possesso del Paese, il Parlamento è stato nominato da 5 segretari di partito. Questa è democrazia?
In piazza Navona saranno presenti dal mattino alcuni stand. Uno per Parlamento Pulito e gli altri per le proposte del MoVimento 5 Stelle tratte dal Programma.

Per chi volesse gustarsi un'impepata di cozze parlamentare, ecco la ricetta:
Pulire accuratamente le cozze parlamentari con acqua pubblica più volte.
Una volta pulite, mettetele in una casseruola capiente a bordo alto a prova di leggi ad personam, insieme a qualche cucchiaio di olio extra e due spicchi d'aglio schiacciati.
Coprire la pentola per evitare la fuga delle cozze da Montecitorio e mettere a fuoco democratico vivace.
Durante la cottura, mescolare le cozze tra loro: prendere la pentola per i manici e scuoterla con un movimento dal basso.
Il tempo di fare aprire le cozze e l'impepata è pronta. Va servita immediatamente, dopo averla spolverata con molto pepe nero macinato al momento.
Accompagnare con spicchi di limone e fette di pane tostato.
Il Parlamento Pulito a questo punto è servito.

Appuntamento per l'impepata di cozze domani a Roma, piazza Navona ore 15. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Ps. Partecipa alla diretta del Cozza Day su Facebook e Twitter utilizzando il tag #cozzaday.

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venerdì 9 settembre 2011

Berlusconi a Lavitola: "Non tornare" Esclusiva L'Espresso. La difesa di Ghedini


ROMA - Berlusconi che dice a Lavitola: non tornare. E' questo il consiglio che il premier dà al faccendiere - attualmente latitante - in una telefonata resa pubblica sul nuovo numero dell'Espresso 1.  "Che devo fare, torno e chiarisco tutto?", chiede agitato Lavitola da Sofia, in Bulgaria, dove si trova per motivi di lavoro. E Berlusconi risponde: "Resta dove sei". A distanza di qualche ora, arriva la difesa del legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini: "Berlusconi non ha mai detto a Lavitola di restare all'estero. Semplicemente non aveva motivo per dirgli di tornare precipitosamente in Italia". Di fatto una conferma della chiamata.


GUARDA IL SITO DELL'ESPRESSO 2

La telefonata. Torniamo al colloquio telefonico del 24 agosto descritto sull'Espresso. In quel momento Valter Lavitola, direttore ed editore dell'Avanti, non è ancora stato raggiunto da una misura di custodia cautelare - da parte dei pm napoletani - per estorsione nei confronti del premier, ma ha comunque motivi per preoccuparsi. Il settimanale Panorama, di proprietà della famiglia Berlusconi, ha infatti anticipato che c'è un'indagine in corso, proprio a Napoli, nei confronti di Lavitola, dell'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e di sua moglie, Angela Devenuto. Un'indagine
in cui si ipotizza l'estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. Una fuga di notizia che farà molto arrabbiare i pm napoletani, che la ritengono un danno per l'inchiesta.

Di sicuro c'è che Valter Lavitola non ha più fatto ritorno in Italia. Come è certo che il primo settembre, Tarantini e la moglie finiscono in carcere, mentre Lavitola - raggiunto anche lui da un ordine di custodia cautelare - non si trova. E fa sapere di essere da lungo tempo all'estero "per lavoro".

La difesa di Ghedini. Il legale del premier, Niccolò Ghedini, replica così: "Durante una conversazione privata  e del tutto irrilevante per il procedimento in corso, di cui fra l'altro non si conosce neppure l'autenticità o la completezza il presidente Berlusconi si sarebbe limitato a ribadire a Lavitola la sua totale tranquillità ed estraneità ad ogni vicenda. A fronte di tale certezze il presidente Berlusconi non avrebbe avuto motivo di  consigliare a Lavitola di tornare precipitosamente in Italia, ritenendo quindi che potesse rientrare nei tempi dallo stesso già previsti". "In quel momento - dice ancora Ghedini - non c'era alcun provvedimento di custodia nei confronti di Lavitola".


Le reazioni. Il caso provoca già le prime reazioni politiche. "La difesa d'ufficio dell'avvocato
del premier non fa alcuna chiarezza e non dà quelle certezze sulla trasparenza e la non ricattabilità richiesta ad un capo di governo", dice la capogruppo del Pd in commissione giustizia alla Camera, Donatella Ferranti. "E poi - aggiunge - davanti a Lavitola che si poneva il problema di rientrare per chiarire con l'autorità giudiziaria, quale capo del governo, rispettoso delle istituzioni, avrebbe consigliato di restare all'estero?". Sempre sul fronte Pd, il presidente del Copasir Massimo D'Alema dice: "Le vicende del premier sono ormai incommentabili".


Per il vicepresidente di Futuro e libertà, Italo Bocchino, "ci sarebbe bisogno di un passo indietro di Berlusconi, anche alla luce di quest'intercettazione". Per Bocchino, "sarà bene sapere tra poco per quale ragione Berlusconi non voleva il rientro di Lavitola, forse perchè se Lavitola parla racconta gli affari sporchi che ha gestito per suo conto, compreso il dossier falso sulla casa di Montecarlo". Un riferimento al ruolo attivissimo di Lavitola nel procurare documenti proprio sulla vicenda dell'appartamento di Montecarlo, che ha coinvolto il presidente della Camera Gianfranco Fini. 

L'Idv interviene con il portavoce, Leoluca Orlando. "Se la telefonata fosse confermata, sarebbe una cosa gravissima. E' indegno che un presidente del consiglio, invece che incoraggiare i cittadini ad andare dai giudici, ostacoli così manifestamente il corso della giustizia. Perchè berlusconi, che ha definito l'inchiesta di napoli una montatura, dice a un inquisito di scappare?".

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Contratti, deroghe e licenziamenti

La principale notizia di oggi, quella che da ieri sera apre le homepage dei siti di news e stamattina sta su tutte le prime pagine, è un emendamento alla manovra approvato ieri dalla maggioranza in commissione bilancio. Vediamo di capire di cosa si tratta. L’emendamento inserisce il testo seguente, all’articolo 8 della manovra.
Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro e beneficiano della applicazione della imposta sostitutiva del 10 per cento sulle componenti accessorie della retribuzione ai sensi della normativa vigente.
La prima cosa da sapere, prima di spiegarne il significato, è che non si tratta di una completa novità. Norme di questo genere erano già contenute nella prima bozza della manovra, quella varata dal Consiglio dei ministri prima di Ferragosto (il 14 agosto sul Post avevamo parlato del “comma che aggira l’articolo 18″). Qualcosa di diverso c’è, però.
L’emendamento, in sostanza, stabilisce che i contratti di lavoro aziendali o territoriali, quelli quindi che riguardano i lavoratori di una singola azienda o di una singola regione, possono operare in deroga ai contratti e alle leggi nazionali. Fermo restando il rispetto della Costituzione, dice l’emendamento, nonché i vincoli derivanti dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.
Il riferimento ai licenziamenti che si trova su molti giornali oggi è dato dalla possibilità concessa da questo emendamento di aggirare, tra le leggi nazionali, anche lo Statuto dei lavoratori e quindi anche l’articolo 18, che vieta i licenziamenti senza giusta causa per le aziende con più di 15 dipendenti. Con la nuova manovra succede questo: che dove sono in vigore contratti aziendali o territoriali, solo se le aziende e i sindacati più rappresentativi sono d’accordo, i lavoratori licenziati senza giusta causa possono non avere il diritto al reintegro bensì a un congruo indennizzo economico. Altra sintesi: la licenziabilità dei lavoratori può rientrare tra le deroghe alla contrattazione nazionale contenuta in accordi aziendali e territoriali, purché a sottoscriverli siano i sindacati più rappresentativi. Il tutto a meno che non si tratti di licenziamenti discriminatori o di lavoratrici donne in concomitanza con matrimoni, gravidanze e congedi parentali, ai quali la nuova norma non si applica.
L’intento del governo è noto e rivendicato: privilegiare la cosiddetta “contrattazione collettiva di prossimità”, cioè quella tra il lavoratore e i soggetti a lui più vicini, azienda e territorio, rispetto alla contrattazione nazionale. La principale modifica rispetto al testo originario, quello di Ferragosto, è l’inserimento delle intese territoriali oltre a quelle aziendali (fatto per fare un favore alla Lega, dice oggi il Corriere della Sera).
Le reazioni
Sono molto variegate. La CGIL, che ha indetto per domani uno sciopero generale, è stracontraria: Susanna Camusso ha definito la norma «inapplicabile», con «evidenti profili di incostituzionalità» e ha minacciato che «dove si cercherà di applicare la legge arriveranno gli scioperi». La UIL e la CISL sono favorevoli. La UIL dice che «semplicemente si prevede la possibilità per i sindacati di avvalersi di un potere di deroga», la CISL accusa Susanna Camusso dicendo che «se il governo lavora per dividere i sindacati, la Camusso fa il doppio». È favorevole anche la Confindustria. Il responsabile economia del PD, Stefano Fassina, ha detto che «in questo modo il diritto del lavoro torna indietro di 60 anni» perché «le modifiche finiranno per annullare il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori». Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del PD, dice di non vedere «particolari rischi nelle medie e nelle grandi aziende italiane dove la contrattazione non dovrebbe presentare sorprese» ma avverte che «questi provvedimenti rischiano di aumentare la distanza tra chi lavora nelle imprese più grandi e chi invece dovrà fare i conti con una miriade di norme ad hoc contrattate nelle piccole aziende». Il ministro del Lavoro Sacconi dice che «non ha senso parlare di libertà di licenziare o usare altre semplificazioni che non corrispondono alla oggettività della norma» visto che «per i licenziamenti senza giusta causa le intese possono solo preferire la strada del risarcimento a quella della reintegrazione».

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Pareggio di bilancio sì, tagli ai politici no


Con un’attenzione che definire maniacale è un eufemismo, il governo italiano ha preparato una manovra che ha tagliato qualunque spesa, qualunque contributo, qualunque stipendio, pensione e cose del genere salvo i costi dei parlamentari. Eppure in qualche modo aveva spergiurato, lo stesso governo o alcuni dei suoi sodali, che anche su questo si sarebbero fatti sacrifici perché “è giusto dare l’esempio”. Ed invece…
Se per esempio, un deputato ha un altro lavoro e guadagna più di 9.847 euro netti, l’indennità di carica di 5.486 euro mensili netti (cui vanno sommati, tra diaria e rimborsi spese,più 7.193 euro di diaria e rimborsi spese che non verranno limitati) non è più tagliata al 50% come previsto, ma al 20%. per le cifre superiori a 90 mila euro annui d’indennità e al 40% a partire da 150 mila euro. Da tutto questo sono stati esentati i componenti degli organi costituzionali, la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale.I tagli ai politici erano stati previsti dall’articolo 13 della manovra economica.
Ma è stata resa all’”acqua di rose” anche la questione dell’incompatibilità dei parlamentari che avevano il divieto di ricoprire «qualsiasi altra carica elettiva pubblica», perché adesso questa limitazione viene ristretta alle altre cariche elettive «di natura monocratica» e relative a «organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 5 mila abitanti». Insomma i nostri circa mille parlamentari possono proseguire a fare i sindaci nei Comuni piccoli e medi, ma anche gli assessori in tutti i municipi, compresi quelli delle grandi città.
Però è stata resa legge dello stato l’obbligatorietà del pareggio di bilancio, ciò per cui in questi ultimi mesi siamo stati messi sotto pressione dalla comunità europea, e per la quale il governo ha dovuto presentare per adesso cinque manovre economiche per arrivarci nel 2013. La nuova norma che entrerà a far parte della Costituzione impone che «il bilancio dello Stato rispetti l’equilibrio delle entrate e delle spese; non è consentito ricorrere all’indebitamento» e solo «eventi eccezionali» saranno ammissibili per giustificare il mancato rispetto del pareggio di bilancio, ma questo dovrà essere stabilito «con voto espresso a maggioranza assoluta» dei componenti delle Camere.

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lunedì 5 settembre 2011

Il suonatore di piffero


Testo:
Buongiorno a tutti, ci sono tante cose che potremmo dire oggi, potremmo ricordare il quarto anniversario della raccolta delle firme per le tre leggi di iniziativa popolare del primo V-Day da parte di Beppe Grillo, che nel settembre 2007 fece incetta di 350 firme contro le 50 mila richieste per proporre la riforma elettorale che ci restituisse le preferenze, l’incandidabilità dei condannati definitivi al Parlamento, almeno per reati seri e infine il tetto massimo di due legislature per i parlamentari.

I cittadini di serie B del V-Day (espandi | comprimi)
Oggi Gian Antonio Stella su Il Corriere ricorda che a 4 anni di distanza, il Senato le tiene nel suo cassetto e rifiuta persino di esaminarle, non è che le ha bocciate, proprio non le ha volute esaminare, evidentemente quei 350 mila cittadini tra i quali chi vi parla e ai molti di voi che ascoltano, sono considerati dei cittadini di serie B, non degni di veder presa in considerazione una legge di iniziativa popolare che è prevista dalla nostra Costituzione che imporrebbe al Parlamento almeno di discuterle e di votarle le leggi, non è obbligatorio approvarle, sarebbe obbligatorio discuterle, neanche quelle discutono perché non provengono dalla casta, anzi avrebbero dato una bella sforbiciata alla casta.


250 milioni dei pugliesi nelle casse del San Raffaele in fallimento (espandi | comprimi)
Oggi vorrei occuparmi invece di un particolare che potrebbe sembrare marginale o locale e che invece è molto importante, perché più si avvicinano le elezioni del 2013 o addirittura quelle anticipate se saranno al 2012, è evidente che molti candidati del centro-sinistra si fronteggeranno delle primarie, il centro-destra Alfano ci ha già detto che il candidato è Berlusconi, ma d’altra parte soltanto i deficienti avevano potuto pensare che Berlusconi passasse la mano, Berlusconi non passerà mai la mano, perché appena lascia la politica finisce in galera, quindi lo sapevamo, non siamo sorpresi dal fatto che Alfano abbia candidato Berlusconi, praticamente Berlusconi ha candidato sé stesso.

Vendola e Berlusconi secondo Don Verzè (espandi | comprimi)
L’anno scorso presentando a Milano il progetto di questo mirabolante ospedale, di fianco al prete affarista, Don Verzè è stato scaricato dal Vaticano a metà degli anni 60 quando c’era ancora Papa Giovanni, scaricato dal Vaticano, guardate che quando il Vaticano scarica qualcuno, beh qualche motivo ce l’avrà perché non è che è frequentissimo che il Vaticano scarichi dei preti di quell’importanza poi.

Penso che dato che in questi giorni ci saranno notizie su San Raffaele a Milano, sul buco del San Raffaele a Milano la Procura ha dato poco tempo per il salvataggio, prima di passare tutte le carte e avviare la procedura fallimentare che sembrerebbe piuttosto probabile, ci vuole altro che la risposta “se quello fallisce ne trovo un altro” e soprattutto bisogna spiegare che differenza c’è tra Berlusconi e i suoi imprenditori di riferimento nel suo harem e questo strano modo tutto informale, tutto diretto, tutto in fretta che Vendola non solo pratica, ma anzi rivendica con quel “non me ne frega niente etc.”.
Sono felice che a differenza di Berlusconi e degli esponenti di centro-destra Vendola abbia accettato di dare risposte, prima quando l’ho sollecitato su Il Fatto e poi quando la nostra inviata è andata a intervistarlo l’altro giorno, mi piacerebbe però che le sue risposte fossero un po’ più soddisfacenti, perché almeno personalmente io da un candidato a governare così non mi sento molto garantito, non so voi, passate parola!

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sabato 3 settembre 2011

Le nuove regole sui prezzi dei libri

Ci sono voluti ben due anni, ma da ieri è in vigore la nuova legge che regola i prezzi dei libri: bisognerà dunque imparare il nome di questo testo, Legge Levi, dal suo principale firmatario, il deputato Ricardo Franco Levi. La tempistica non è casuale, fra poco ricominceranno le scuole e ci si porrà il solito problema dei testi scolastici e del costo che dovranno fronteggiare le famiglie. La legge prevede anzitutto che lo sconto massimo possibile su qualsiasi copertina sarà pari al 15%, soprattutto quando si tratta di piccoli venditori, ma anche la grande distribuzione viene ricompresa. Gli stessi sconti, poi, non possono essere superiori al 25% quando ci troviamo di fronte a un editore, una possibilità che è limitata comunque alle promozioni. Molti lettori e consumatori stanno già esprimendo i loro dubbi e le perplessità a tal proposito. Per quale motivo? Gli acquisti potrebbero diminuire in maniera sensibile e anche le biblioteche non prevedono nulla di buono. In particolare, la Legge Levi risulta essere troppo rigida nel disciplinare questi prezzi. In effetti, basta leggere in modo accurato la legge e si scoprono i vari paletti che sono stati fissati: ad esempio, lo sconto massimo del 20% che è stato citato in precedenza viene consentito quando ci sono manifestazioni particolarmente rilevanti e in favore delle organizzazioni che non perseguono alcuno scopo lucrativo o che puntano a finalità scientifiche e di ricerca (ad esempio musei e archivi). Inoltre, i limiti a questi sconti non sono validi quando si tratta di libri d’arte realizzati in maniera artigianale, libri antichi, libri usati e libri che sono stati posti fuori catalogo dall’editore. In aggiunta, i saldi di fine stagione non sono cumulabili. A pochi giorni dalla riapertura delle scuole, i libri, scolastici e non, rischiano di presentare molte difficoltà: le precisazioni puntigliose sono più numerose degli sconti possibili, le polemiche sono praticamente dietro l’angolo.

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WikiLeaks svela tutti i cablogrammi

Quello che le diplomazie di tutto il mondo avevano sempre temuto alla fine è successo: WikiLeak ha pubblicato on line, e senza filtro alcuno, tutti i 251mila cablogrammi trafugati dal Dipartimento di Stato americano. Gli stessi documenti che aveva iniziato a diffondere l’anno scorso in collaborazione con oltre 90 testate giornalistiche. Questa volta però dai documenti non sarebbero stati eliminati i nomi degli informatori delle varie ambasciate americane nel mondo compromettendone la sicurezza e inoltre la pubblicazione non è passata per il vaglio giornalistico come precedentemente era accaduto.
La direzione di WikiLeaks giustifica la decisione con il fatto che:”la stampa mondiale non ha abbastanza risorse” per vagliare tutti i documenti e che comunque i giornali con cui ha collaborato non sono stati imparziali. L’intero archivio è stato messo dunque on line ed è consultabile a questi due indirizzi: link 1 e link 2. Il compito di ricercare notizie rilevanti è stato affidato agli utenti.
La pubblicazione è stata preceduta da un sondaggio su Twitter in cui si chiede agli utenti se condividono la scelta di pubblicare integralmente il database. Inoltre in un editoriale pubblicato ieri da WikiLeak sul proprio sito ha spiegato le ragioni contenzioso aperto con il quotidiano londinese The Guardian, altro motivo che avrebbe spinto lo staff a pubblicare tutti i cablogrammi. Il Guardian è stato uno dei quattro quotidiani, insieme con il New York Times, il Der Spiegel e El Paìs, con cui WikiLeaks ha collaborato fino ad ora per la pubblicazione dei documenti riservati. WikiLeaks, e il suo fondatore Julian Assange, aveva già avuto qualche problema con il Guardian al momento di stipulare il contratto che garantiva al quotidiano, insieme agli altri tre, di avere in anticipo i documenti. Nell’editoriale viene accusato il giornalista investigativo del quotidiano britannico, David Leigh, di aver diffuso, trascrivendola nel suo libro ‘The Rise and Fall of WikiLeaks’, la password per accedere ai cablogrammi. Dal momento, si legge nel testo, che la password si stava diffondendo in maniera incontrollata, e che alcuni ne stavano traendo un vantaggio economico nel rivenderla, WikiLeaks ha deciso di giocare d’anticipo e rendere pubblici tutti i documenti senza necessità di codici di acceso. Il giornalista, si legge su Repubblica, si è difeso affermando che “Assange gli garantì che la password sarebbe durata pochi giorni e che dunque sarebbe stata ampiamente superata al momento della pubblicazione”.
Il sito di Assange aveva iniziato ieri a diffondere una prima parte dei cablogrammi, circa 130mila, subito dopo ave subito un attacco informatico che lo aveva reso inaccessibile per diverse ore.
Il Guardian, il New York Times, il Der Spiegel e El Paìs hanno diffuso una nota congiunta in cui prendono le distanze dalla decisione di WikiLeak di pubblicare i cablogrammi senza alcun controllo giornalistico preventivo per omettere le parti che avrebbero potuto mettere a rischio la vita degli informatori.
El Paìs fa l’esempio di un cablogramma del nell’aprile 2008 presso l’Ambasciata a Brasilia, dove viene fatto il nome di un senatore brasiliano che rivela importanti informazioni circa la formazione di guerriglieri terroristi nel suo paese.

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venerdì 2 settembre 2011

Google aiuta i suoi dipendenti per una mobilità sostenibile

Google ha pubblicato questo interessante video che racconta i risultati del suo “transportation program“. Il colosso americano aiuta in tutti i modi possibili i suoi dipendenti ad arrivare sul posto di lavoro senza utilizzare il proprio mezzo privato (ed inquinante). Si punta su speciali autobus che portano i lavoratori di Google da San Francisco a Mountain View: ogni bus è localizzabile via GPS e gli utenti possono richiederne speciali fermate con il loro laptop o smartphone. Non solo, sono tanti i lavoratori che scelgono i percorsi ciclabili per arrivare al lavoro e tutti i bus consentono il trasporto delle biciclette se dopo il lavoro anche il più incallito ciclista preferisce evitarsi una pedalata.
Anche all’interno del campus ci si muove con speciali biciclette liberamente a disposizione di tutti e pensate appositamente per brevi spostamenti, senza dimenticare le postazioni di ricarica per le auto elettriche. Dal 2006 ad oggi Google ha ottenuto il risultato straordinario di riuscire a far muovere il 40% dei suoi dipendenti in maniera alternativa rispetto all’automobile privata. Sono 5400 tonnellate di CO2 in meno rilasciate nell’atmosfera, un ottimo lavoro.

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Denunciare il conflitto di interessi di Berlusconi che paralizza l’Italia da un punto di vista squisitamente liberale

Immaginate un paese dove un solo uomo unisce
il potere politico del Presidente Bush,
l’influenza sui media di Rupert Mardoch,
e la ricchezza e l’ambizione di Ross Perot e Steve Forbes.
Quel paese e’ l’Italia
e quell’uomo e’ il Primo Ministro Silvio Berlusconi.
Le parole riportate sopra sono l’apertura di un documentario realizzato e trasmesso qualche anno fa dalla Wnet Thirteen New York, la maggiore emittente della tv pubblica statuninenze Pbs. Chiaramente, essendo il nostro un paese “semi-libero”, tale documentario e’ stato censurato in Italia. Solo gli internauti (e tra loro quelli non troppo impegnati a cercare le foto delle donnine nude) sono riusciti a vederlo. Le TV italiane l’hanno censurato come hanno preferito censurare tanti altri documentari scomodi sull’uomo in questione. Colui che accumula nelle proprie mani tre dei quattro poteri : il potere esecutivo, legislativo e l’informazione. Parliamo dello stesso uomo che ora si sta preoccupando di ammanettare e imbavagliare l’ultimo potere: quello giudiziario.
Gli italiani non devono sapere.
Meglio mostrare loro una bella partita di pallone, che si azzuffino su questioni lontane dal potere. Che non gli salti in mente di porsi domande scomode. Di voler sapere troppo su chi li comanda. Meglio farli lavorare, sudare e correre come topi alla ricerca degli status symbol della societa’ del benessere, meglio anestetizzarli con i messaggi sessuali, che vanno bombardati da ogni trasmissione, film, show, o messaggio pubblicitario. Anche la pubblicita’ del formaggino deve mostrare una donna in atteggiamento erotico. Anche la pubblicita’ dell’ultimo cellulare deve lanciare lo stesso messaggio di sempre: « Scopare! ». E per scopare devi comprare. E per comprare devi lavorare. E non preoccuparti troppo del potere, tanto, si sa’, sono tutti uguali, quelli ci comandano…
Guardatevi, se non l’avete ancora fatto, questo documentario: Citizen Berlusconi
Dal documentario emerge, tra l’altro, che l’Italia scarseggia in liberta d’informazione, e percio’ in democrazia, per colpa (principalemente) di un solo uomo, che ha forgiato (o sfigurato) un Paese a sua immagine e somiglianza.
 Denunciare il conflitto di interessi di Berlusconi che paralizza l’Italia da un punto di vista squisitamente liberaleSi parla anche del concetto di « creare un pubblico ». E’ quello che fece Berlusconi negli anni ’80. Creo’ un pubblico, creo’ una cultura, e poi nel ’94 ci si butto’ dentro, risultandone chiaramente vincitore. Ha creato i suoi telespettatori-elettori. Continua oggi a mangiarne i frutti, lasciando ai suoi mille piccoli vassalli (dai giornalisti prezzolati alle vallette, dai suoi avvocati-parlamentari ai suoi giocatori di calcio-eroi) il compito di riempire di sogni e menzogne i loro cervelli.
Di classifiche sulla liberta’ di informazione o sulla democrazia ce ne possono essere molte e chiaramente non sono il Vangelo. (La scienza politica non e’ accurata come la scienza naturale, ahinoi).Una classifica sulla liberta’ di stampa estremamente attendibile e’ quella dell’americana Freedom House, un istituto di ricerca, finanziato prevalentemente con fondi governativi, che ha come obiettivo la promozione della democrazia liberale nel mondo.
Il rapporto sulla liberta’ di stampa pubblicato da questo istituto nel 2006 piazza l’Italia verso l’80esimo posto (per la classifica completa aprite questo link di Freedom House ), prima di noi vengono circa la meta’ degli stati al mondo, tra i quali, oltre a tutti i paesi occidentali e pienamente democratici, Palau, Isole Marshall, St. Vincent (non e’ un casino’), Barbados, Jamaica, St. Lucia (isoletta caraibica), Micronesia, Belize, St. Kitts, Grenada, Suriname, Mali, Vanatu (arcipelago a nord-est dell’Australia), Mauritius, Trinidad & Tobago (che sicuramente ricorderete per la presenza nel Mondiale di calcio del 2006), Tavalu (non so dove sia), Guyana, Figi, Ghana, Kiribati, Papua Nuova Guinea, Samoa, Benin, Namibia, Nauru (la piu’ piccola isola-nazione del mondo) e Isole Salomone.
Immediatamente prima di noi Mongolia, Bulgaria, Bolivia, Tonga e Capo Verde.
Peggio di noi, oltre a tutti i paesi dittatoriali, tra i paesi dell’UE solo la Romania, tra quelli geograficamente in Europa, praticamente solo la Serbia, la Macedonia, la Bosnia, la Turchia, la Russia e la Bielorussia.
Il miglior paese al mondo e’ la Finlandia. Il peggiore la Corea del Nord.
L’Italie e’ definito un paese « semi-libero ». Ironico eufemismo per dire non libero (a mio avviso un uomo semi-libero non e’ libero).
C’e’ poi un altro indice da prendere in considerazione : l ’ Indice di Democraticita’. Questo indice e’ Denunciare il conflitto di interessi di Berlusconi che paralizza l’Italia da un punto di vista squisitamente liberale 
stato prodotto da The Economist, uno dei piu’ autorevoli giornali al mondo, se non il piu’ autorevole.
The Economist e’ un settimanale basato a Londra che tratta di attualità, politica, economica e finanza, rivolgendosi soprattutto ad un pubblico di lettori d’elite, influenti uomini d’affari e politici (non lo troverete sul tavolino del bar sotto casa, probabilmente).
The Economist e’ fu fondato nel 1843 allo scopo di sostenere la causa del liberismo e da allora e’ rimasto sempre schierato su posizioni liberiste in economia e classicamente liberali in genere.
The Economist è apertamente a favore di una linea politica conservatrice in materia fiscale, dunque si può considerare un tipo di stampa opinionista che sostiene un determinato schieramento politico.
Nell’Indice di Democraticita’ del 2007 (fonte) elaborato dai centinaia di esperti di The Economist, i paesi sono divisi in democrazie funzionanti, democrazie imperfette, regimi ibridi e regimi autoritari.
In questo indice la Svezia risulta il paese piu’ democratico del mondo, seguito da altri 6 paesi scandinavi o dell’Europa settentrionale, dall’Australia (8′) e dal Canada (9′). Dal 10mo al 20esimo posto tutti paesi europei piu’ Nuova Zelanda (11esima) e Stati Uniti (17esimi, dopo la Spagna). Per farla breve, per trovare la nostra Italia bisogna scendere al 35esimo posto, dopo l’Estonia e immediatamente prima dell’India e del Botswana. L’Italia e’ considerata una democrazia imperfetta, alla pari di paesi come Capo Verde, la Mongolia, la Namibia, Lesotho, le Filippine e Timor-Est. Dovremmo vergognarci. Dovrebbe essere questo “IL Problema”.
Per la cronaca, la Corea del Nord e’ ultima, 167esima.
Vorrei ricordare a chi si trovasse a leggere queste righe, che qui’ non si sta parlando di destra o sinistra, ma di liberta’, informazione e democrazia.
In ogni paese occidentale questi valori sono difesi a spada tratta dai socialisti cosi come dai conservatori. Purtroppo in Italia non e’ cosi’. E’ una delle tante anomalie italiane. Un paese non solo senza dei veri partiti di destra e di sinistra di stampo europeo, ma evidentemente senza nemmeno un partito o dei politici con una base ideologica vagamente liberale. Ci ritroviamo una destra mera accozzaglia di post-fascisti, leghisti e gente al soldo del cittadino Berlusconi, e una sinistra che pur avendo governato per almeno sette anni negli ultimi 14 non ha mai ritenuto opportuno intervenire minimamente per risolvere il problema dell’informazione italiana. La situazione e’ sempre la stessa, unicamente illiberale per un paese occidentale : monopolio delle tv private nelle mani del cittadino-politico Berlusconi e televisione di stato non pubblica ma governativa (e « italianamente » clienterale), che tra l’altro si appiattisce sui contenuti della sua concorrente privata, rinunciando di fatto al ruolo di televisione pubblica.
 Denunciare il conflitto di interessi di Berlusconi che paralizza l’Italia da un punto di vista squisitamente liberale 
Dunque, se il problema principale e’ causato dal conflitto di interessi del cittadino Berlusconi, e’ vero anche che il male e’ stato spesso sottovalutato da tutte le parti politiche, vuoi per interesse (chi con Berlusconi era alleato, e percio’ traeva beneficio dall’avere la forza di fuoco delle televisioni del Biscione dalla loro parte), vuoi per accordi sottobanco (mi riferisco all’ « ammissione di Violante » in Parlamento, quando disse che Berlusconi sapeva che il governo di centro-sinistra 1996-2001 non avrebbe toccato i suoi interessi) o altro.
Dire che gli elettori lo hanno eletto, Berlusconi, sapendo tutto cio’, per cui non dovremmo perdere tempo su questa questione, e’ sbagliato. Nessuno mette in dubbio la vittoria elettorale di Berlusconi, ma non per questo l’Italia e’ una bella democrazia e si sono risolti i problemi sopracitati. Anzi, come dice il piu’ stimato politologo italiano, Giovanni Sartori, nel documentario americano : il monopolio berlusconiano dell’Informazione “distrugge la democrazia nella sostanza“.

E’ triste vedere che tanta gente – non solo i giornalisti prezzolati e gli uomini che Berlusconi ha cooptato in Parlamento, facendone quasi un suo prolungamento – che si dice democratica e/o liberale non capisca la questione.
L’anomalia del berlusconismo e’ ulteriormente confermata da praticamente tutti gli osservatori esteri (non assolutamente solo di sinistra ! ma di destra, di centro, moderati, liberali, liberisti e via dicendo), che giudicano il berlusconismo un’anomalia, pericolosa e non democratica. The Guardian ha scritto che nell’Italia del “giullare” Berlusconi, che ha vinto le elezioni sulla scia di un’ondata di panico pompata dai media su una presunta impennata dei tassi di criminalitá“, “la piú grande felicitá di un particolare individuo sembra essere modellare la morale e la legislazione – sovvertendo la democrazia“.
Inoltre, in un post precedente (Come giudicare l’operato di Berlusconi?) riportavo gli articoli di Le Soir, International Herald Tribune, The Tepegraph, Der Tagesspiegel e The Economist (tutti giornali non di sinistra, semmai la cosa conti). In quegli articoli si leggevano giudizi del genere:
- Berlusconi si è già mosso per punire i pubblici ministeri che parlano con la stampa e per fermare l’uso generalizzato delle intercettazioni telefoniche per far sì che i casi giudiziari non siano più divulgati sui media.
- Berlusconi aspira all’immunità.
- Per poter sottrarsi ad una possibile condanna per corruzione Silvio Berlusconi, capo di governo Italiano, mette mano, ancora una volta, al processo legislativo del suo paese.
- La legge imbavagliera’ anche i magistrati e la stampa, minacciando l’arresto per magistrati […] e giornalisti […]
- sembrerebbe essere una cortina fumogena per il reale approccio del Governo al crimine: duro per alcuni crimini, leggero su altri. Dietro alla cortina fumogena, Berlusconi sta raccogliendo i frutti del suo governo, ancora una volta.
E pensare che la nostra italietta una legge contro il conflitto di interessi, in realta’, ce l’aveva anche !
La legge n.361 del 1957 all’articolo 10 afferma:
Non sono eleggibili [...] coloro che [...] risultino vincolati con lo Stato [...]per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica.
E’ una norma chiara, giusta, nata in tempi non sospetti, quando Berlusconi era ancora un giovane cantante di canzoncine francesi e napoletane sulle navi da crociera.
Il problema e’ che a giudicare sulla regolarita’ degli eletti e’ il Parlamento stesso, con la Giunta delle Elezioni, che e’ composta in modo proporzionale ai gruppi parlamentarti. Percio’ nel 1994 una Giunta a maggioranza pro-Berlusconi giudico’ regolare l’elezione di Berlusconi, fornendo un’interpretazione formalistica della legge del ’57, stabilendo che solo il titolare giuridico delle concessioni, il presidente di Fininvest-Mediaset Confalonieri, non puo’ essere eletto, mentre niente ha da temere il cittadino Berlusconi, che e’ il proprietario di fatto. Ironico ma vero, Confalonieri ineleggibile e Berlusconi elegibilissimo come fosse un nullatenente.
Per risolvere tale interpretazione, che chiaramente va contro la ratio del legislatore del 1957, basterebbe approvare in Parlamento una leggina che ristabilisca l’interpretazione autentica della legge originaria.
Una legge del genere, tra l’altro, una decina d’anni fa fu depositata alla Camera addirittura dalla Lega Nord-Indipendenza della Padania (ci fu un breve periodo in cui il morbo dell’anti-berlusconismo contagio’ persino l’altrimenti sana e biondissima razza padana), ma come spesso accade per le norme che rischiano di danneggiare gli interessi di una persona milanese di nome Silvio, non se ne fece mai niente.
Detto questo, non fossilizziamo la discussione sul tema dell’eliggibilita’ o meno di Berlusconi, perche’ Denunciare il conflitto di interessi di Berlusconi che paralizza l’Italia da un punto di vista squisitamente liberale 
oramai, dopo 14 anni che siede in Parlamento, mi pare chiaro che tale norma non sara’ mai rispettata dai cari deputati che fanno parte della Giunta delle Elezioni, che evidentemente non sono li per rispondere alle leggi italiane ma per rispondere a qualcun altro.
Il punto di queste righe vuole essere la liberta’ di informazione in Italia, carente, e la democrazia italiana, che non puo’ fiorire se non sulla base di una vera liberta’ d’informazione. Non secondo me ma secondo i Padri del Liberalismo e dello Stato Liberale moderno, inglesi, francesi e americani.
Infatti, storicamente il liberalismo nasce come (cito wikipedia):
ideale che si affianca all’azione della borghesia nel momento in cui essa combatte contro le monarchie assolute e i privilegi dell’aristocrazia a partire dalla fine del XVIII secolo. L’esito di questo scontro tra le due classi porta alla costituzione dello Stato liberale.
Il liberalismo è probabilmente la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna dello Stato e del suo rapporto con la società. Si può dire che abbia contribuito a definire quasi tutte le altre dottrine politiche: si parla infatti di “liberaldemocrazia” in modo generico per indicare una moderna democrazia che non sia basata esclusivamente sulla volontà della maggioranza ma – anche e soprattutto – sul rispetto delle minoranze.
Illuminante. Combattere i privilegi e rispettare le minoranze. Questa dovrebbe essere la filosofia della liberta’, il liberalismo.
Sembra che oggi in Italia si stia andando in direzione opposta, sempre piu’ privilegi ai potenti e rozzi attacchi alle minoranze piu’ deboli, capri espiatori magari da gettare in pasto dei penultimi sul gradino sociale.
E non si risponda che « il cittadino Berlusconi ha vinto le elezioni e percio’ ha ragione ». Chi vince le elzioni vince il diritto di governare (per qualche anno), non vince la ragione. E il fatto che un cittadino vinca le elezioni, come Berlusconi ad aprile o Hilter nel 1933, non significa che un paese goda di una democrazia vitale e che tale democrazia non possa essere alterata e/o attaccata.
Il concetto mi sembra chiaro.
A me, o ai giornalisti di The Economist, Pascal Couchepin (un liberal-conservatore), presidente della Confederazione Svizzera, puo’ non risultare simpatico. Ma nessuno si azzarderebbe mai di dire che Couchepin non e’ un politico liberale, o democratico, o che e’ un pericolo per la democrazia svizzera.
Berlusconi, purtroppo, e’ tutt’altra cosa, non solo secondo me, ma secondo il sopracitato Giovanni Sartori e secondo tutta una serie di osservatori internazionali, non di sinistra e non simpatizzanti dei bolscevichi e non faziosi.
Dobbiamo stare molto attenti, perche’ la democrazia non e’ una cosa che una volta « fatta » rimane li per sempre. La democrazia e’ un’invenzione umana, ottenuta tramite lotte dure e violente, ma che come tutte le cose umane e’ transitoria. Ieri non c’era, oggi c’e’ (?), domani potrebbe non esserci.

Chiunque ha il diritto alla libertà di opinione ed espressione; questo diritto include libertà a sostenere personali opinioni senza interferenze ed a cercare, ricevere, ed insegnare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo informativo indipendentemente dal fatto che esso attraversi le frontiere (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
La nostra libertà dipende dalla libertà di stampa, ed essa non può essere limitata senza che vada perduta. (Thomas Jefferson)
Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza. (Benjamin Franklin)
“Anche Gobbels era a favore della Libertà di Parola per le opinioni che condivideva. Anche Stalin. Se sei a favore della Libertà di Parola, allora ciò deve significare che tu sei a favore della libertà di parola precisamente di quelle opinioni che non condividi. Altrimenti, significa che non sei a favore della libertà di parola.” Noam Chomsky, Manufacturing Consent: Noam Chomsky and the Media (1992).
“La media degli Italiani è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco…
È a loro che devo parlare.”
(Berlusconi, Ansa, 24 maggio 2003)

Fassino, Violante e gli accordi sottobanco con Berlusconi e Letta



Fonte Articolo
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