martedì 27 settembre 2011

Cos’è il Fondo salva-stati?

La sigla Efsf sta dominando le cronache finanziarie di questi giorni: di cosa si tratta esattamente? L’acronimo sta per European Financial Stability Facility, letteralmente il meccanismo europeo di stabilità finanziaria: il G20 parigino ha riguardato soprattutto questo programma, tanto che si è parlato di un possibile rafforzamento, di un aumento delle dimensioni e di un “effetto leva”. L’Efsf, meglio conosciuto come “Fondo salva-stati”, è stato creato e istituito proprio per aiutare le economie dell’eurozona maggiormente in difficoltà. In effetti, la sua investitura ufficiale risale al 9 maggio del 2010, quando il Consiglio dell’Ecofin ne ha sancito la nascita. Esso fa parte di un pacchetto globale di salvataggio finanziario che ammonta a ben 750 miliardi di euro: il suo ruolo prevede l’emissione di bond garantiti dalla stessa Unione Europea e per un importo superiore a 440 miliardi, sempre e comunque in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale. Ci si può fidare davvero di questo fondo, visto che si sta discutendo un suo ulteriore miglioramento? Per il momento, tale programma sta scongiurando altre crisi del debito e il contagio greco, ma i suoi poteri a quanto pare non sono sufficienti e per ottenere maggiori finanziamenti è necessaria una revisione piuttosto profonda; in realtà, quest’ultima non è poi così semplice come potrebbe sembrare, anche perché tutte le nazioni di Eurolandia devono essere d’accordo sulla proposta e fornire l’approvazione, quando invece ci stiamo accorgendo che l’Europa è tutto meno che coesa. Possibile ci si accorga solo ora che l’Efsf non è utile nella sua attuale conformazione? I problemi economici sono stati colpevolmente sottovalutati e continuando di questo passo si rischiano scenari disastrosi: ad esempio, l’area dell’euro si frazionerebbe in maniera inevitabile, con perdite evidenti per la maggior parte delle banche e una svalutazione fortissima per quel che riguarda le nuove valute dei paesi. Eppure, le idee e i suggerimenti brillanti non mancano: la soluzione migliore è quella che prevede la trasformazione del fondo in una vera e propria banca, una sorta di compagnia assicurativa in grado di garantire gli investimenti. Inoltre, la disponibilità più adeguata dovrebbe essere innalzata fino a novecento miliardi di euro, da usare anche per l’acquisto di obbligazioni periferiche. In fondo, come affermò una volta l’ex presidente francese Jacques Chirac, la costruzione dell’Europa rimane pur sempre un’arte, l’arte del possibile.

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