sabato 15 settembre 2012
Sfoglia Apple: lo scandalo dietro il nuovo Iphone 5. Ecco come viene costruito
Nuove indiscrezioni sulla Foxconn stanno rovinando la festa alla Apple,
che ieri ha presentato al pubblico il nuovissimo iPhone5. Si tratta
della sesta generazione dello smartphone con cui la mela verde di
Cupertino ha rivoluzionato il mondo della telefonia. La sesta
generazione prodotta sfruttando lavoratori cinesi.
sabato 23 giugno 2012
DOSSIER: I DANNI DELLA TACHIPIRINA
"Farmaci con paracetamolo: rischio asma e allergie per i bambini.
La scoperta principale - ha spiegato Julian Crane, lo scienziato che ha coordinato lo studio - è che i bambini che hanno utilizzato il paracetamolo prima di aver compiuto 15 mesi (il 90 per cento) hanno il triplo di probabilita' in piu' di diventare sensibili agli allergeni e il doppio di probabilita' in piu' di sviluppare i sintomi come l'asma a sei anni rispetto ai bambini che non hanno utilizzato il paracetamolo”.
La scoperta principale - ha spiegato Julian Crane, lo scienziato che ha coordinato lo studio - è che i bambini che hanno utilizzato il paracetamolo prima di aver compiuto 15 mesi (il 90 per cento) hanno il triplo di probabilita' in piu' di diventare sensibili agli allergeni e il doppio di probabilita' in piu' di sviluppare i sintomi come l'asma a sei anni rispetto ai bambini che non hanno utilizzato il paracetamolo”.
COMMENTO DEL DR. ROBERTO GAVA: In realtà, la notizia è tutt’altro che nuova e non solo per il recentissimo studio del The New Zealand Asthma and Allergy Cohort Study Group pubblicato da Wickens e Colleghi lo scorso settembre 2010 nella rivista Clinical & Experimental Allergy e neppure per lo studio del prof. Beasley e Colleghi del Medical Research Institute (sempre Nuova Zelanda) pubblicato nel settembre 2008 dalla prestigiosa rivista The Lancet.
Infatti, gli effetti tossici del paracetamolo (che comunque non è un antinfiammatorio, ma solo un antipiretico-analgesico) sono ampiamente noti da decenni.
In un libro di farmacologia (“L’Annuario dei Farmaci”) che ho pubblicato quasi 20 anni fa con la Casa Editrice Piccin Nuova Libraria (un libro di più di 2000 pagine che raccoglie gli effetti farmacologici di tutti i principi attivi in commercio nel nostro Paese), scrivevo:
“Alle dosi terapeutiche, i più comuni effetti del paracetamolo sono: alterazioni ematologiche, vertigini, sonnolenza, difficoltà di accomodazione, secchezza orale, nausea, vomito, … fenomeni allergici (glossite, orticaria, prurito, arrossamento cutaneo, porpora trombocitopenica, broncospasmo) … Il paracetamolo possiede anche un’elevata tossicità acuta dose-dipendente. I danni sono principalmente epatici … con ittero ed emorragie, ma si può avere anche la progressione verso l’encefalopatia, il coma e la morte. … Ci possono essere pure insufficienza renale con necrosi tubulare acuta, aritmie cardiache, agranulocitosi, anemia emolitica, pancitopenia, …”.
Quello che è più importante, però, è un altro punto. Poco più avanti, in quello stesso libro ho infatti scritto:
“L’effetto epatotossico è esplicato da un metabolita del paracetamolo (l’N-acetil-p-benzochinone) che viene neutralizzato da un sistema epatico glutatione-dipendente. Dopo che le scorte intraepatotocitarie di glutatione si sono esaurite, il metabolita si lega con le proteine del citosol epatocitario (circa 10 ore dopo l’assunzione del farmaco) e svolge la sua azione epatotossica”.
La terapia consta della somministrazione (entro le 10 ore) di acetilcisteina endovena, metionina per bocca o, meglio, glutatione per via parenterale (im o ev).
Ebbene, la letteratura che riporta questi dati è addirittura del 1967 (cfr Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics 156: 285; 1967).Sono passati 43 anni da allora e il paracetamolo continua non solo ad essere sintetizzato e diffuso in quantità inimmaginabili, ma anche ad essere somministrato a qualsiasi età: è consigliato addirittura nei neonati!
Qual è il problema?Il problema è che il paracetamolo è un potente farmaco ossidante e consuma le scorte del nostro più importante antiossidante: IL GLUTATIONE! E per di più, quando il glutatione scarseggia, il paracetamolo svolge la sua potente azione epatossica … ma non solo questa.
Ebbene, pensate che:
- Il paracetamolo viene consigliato anche ai bambini piccoli e ai neonati, pur sapendo che i bambini (e i neonati in particolare) sono poveri di sostanze antiossidanti (come il glutatione).
- Sappiamo che la cisteina (aminoacido essenziale per permettere la produzione di glutatione da parte del fegato e del cervello) viene
sintetizzata per azione dell’enzima metionina-sintetasi e sappiamo che
il mercurio contenuto nei vaccini blocca l’attivazione di questo enzima
con la conseguenza che è più facile che si alteri lo sviluppo cerebrale e
si incrementi l’incidenza di autismo e del disturbo da deficit di
attenzione e iperattività (ADHD), due patologie che oggi stanno diventando molto comuni.
- È
dimostrato che i bambini autistici hanno il 20% di livelli più bassi di
cisteina e il 54% di livelli più bassi di glutatione e questo
compromette la loro capacità di detossificarsi e di espellere i metalli
come il mercurio (sia alimentare che quello somministrato con i
vaccini pediatrici). Questi bambini non dovrebbero mai assumere il
paracetamolo, almeno nei primi anni di vita … ma chi sa individuare questi bambini senza eseguire esami adeguati?
- Sappiamo che il mercurio vaccinale non viene facilmente escreto dai bambini sotto i sei mesi di vita (perché viene escreto per via biliare e il fegato del neonato è ancora immaturo).
- È
dimostrato che il mercurio entra molto facilmente (e si accumula) nei
tessuti cerebrali del bambino, dato che la barriera ematoencefalica è
più recettiva. Inoltre, i composti mercuriali alterano, e a dosi elevate
bloccano, la mitosi cellulare (danno molto grave specie per il cervello e in età pediatrica, quando il cervello dovrebbe avere un grande sviluppo).
- Se uno si aggiorna, sa che studi scientifici pubblicati nel 2008 e nel 2009 hanno dimostrato che l’assunzione di paracetamolo aumenta la probabilità dei bambini piccoli di ammalarsi di autismo.
Eppure, il paracetamolo viene consigliato tutt’oggi dai Servizi di Igiene Pubblica subito dopo ogni vaccinazione dei neonati, addirittura prima che possano sviluppare la febbre o qualche malessere … Forse si vogliono tranquillizzare le madri che così si accorgono meno dei danni da vaccini, perché questo farmaco blocca molte reazioni iniziali? Ma agendo in questo modo si impoverisce l’organismo di glutatione e si facilitano ancor di più i danni da vaccini nei soggetti che, a nostra insaputa, ne sono particolarmente predisposti!
Cosa si deve allora fare?
- Se uno si aggiorna, sa che studi scientifici pubblicati nel 2008 e nel 2009 hanno dimostrato che l’assunzione di paracetamolo aumenta la probabilità dei bambini piccoli di ammalarsi di autismo.
Eppure, il paracetamolo viene consigliato tutt’oggi dai Servizi di Igiene Pubblica subito dopo ogni vaccinazione dei neonati, addirittura prima che possano sviluppare la febbre o qualche malessere … Forse si vogliono tranquillizzare le madri che così si accorgono meno dei danni da vaccini, perché questo farmaco blocca molte reazioni iniziali? Ma agendo in questo modo si impoverisce l’organismo di glutatione e si facilitano ancor di più i danni da vaccini nei soggetti che, a nostra insaputa, ne sono particolarmente predisposti!
Cosa si deve allora fare?
1) IL PRIMO CONSIGLIO è quello di non somministrare paracetamolo (almeno abitualmente o come prima scelta) a
bambini piccoli, specie se nati immaturi, se hanno assunto farmaci in
modo prolungato e se sono stati vaccinati da meno di un mese (ho
seguito personalmente il caso di un bambino di pochi mesi, morto nel
sonno 26 giorni dopo la vaccinazione, che aveva assunto Tachipirina per
una febbre improvvisa solo 3 ore prima del decesso).
2) IL SECONDO CONSIGLIO è di non vaccinare bambini sotto i 2 anni di età e in ogni caso di non accettare più di uno (massimo due) vaccini per volta.
3) IL TERZO CONSIGLIO è che, se proprio si vogliono fare le vaccinazioni pediatriche del primo anno di vita (perché non si è stati capaci di gestire la paura che la propaganda pro-vaccini inculca tanto magistralmente quanto falsamente), si eseguano al bambino, prima della vaccinazione, degli esami ematochimici per capire quant’è la sua capacità antiossidante, quanto è maturo il suo sistema immunitario e quanto funziona la capacità disintossicante del suo fegato.
4) IL QUARTO CONSIGLIO è di cercare un Medico aperto a queste “nuove” conoscenze, dotato di molta Sapienza e Buon Senso, meglio ancora se pratico di Medicina Naturale e di Omeopatia in particolare, che sappia aiutare i genitori ad aumentare le difese aspecifiche di loro figlio e che sappia eventualmente gestire le patologie dei primi anni di vita prima di tutto con trattamenti naturali, tra i quali l’Omeopatia è sicuramente la regina, e poi, se proprio serve, con dosi ben ponderate e personalizzate di farmaci chimici.
5) COME QUINTO CONSIGLIO raccomando ai genitori di approfondire le loro conoscenze di Igiene di Vita e in particolare di Igiene Alimentare: non potete immaginare quante patologie e quanti problemi infantili e adolescenziali si risolverebbero se i nostri bambini mangiassero e vivessero meglio!
3) IL TERZO CONSIGLIO è che, se proprio si vogliono fare le vaccinazioni pediatriche del primo anno di vita (perché non si è stati capaci di gestire la paura che la propaganda pro-vaccini inculca tanto magistralmente quanto falsamente), si eseguano al bambino, prima della vaccinazione, degli esami ematochimici per capire quant’è la sua capacità antiossidante, quanto è maturo il suo sistema immunitario e quanto funziona la capacità disintossicante del suo fegato.
4) IL QUARTO CONSIGLIO è di cercare un Medico aperto a queste “nuove” conoscenze, dotato di molta Sapienza e Buon Senso, meglio ancora se pratico di Medicina Naturale e di Omeopatia in particolare, che sappia aiutare i genitori ad aumentare le difese aspecifiche di loro figlio e che sappia eventualmente gestire le patologie dei primi anni di vita prima di tutto con trattamenti naturali, tra i quali l’Omeopatia è sicuramente la regina, e poi, se proprio serve, con dosi ben ponderate e personalizzate di farmaci chimici.
5) COME QUINTO CONSIGLIO raccomando ai genitori di approfondire le loro conoscenze di Igiene di Vita e in particolare di Igiene Alimentare: non potete immaginare quante patologie e quanti problemi infantili e adolescenziali si risolverebbero se i nostri bambini mangiassero e vivessero meglio!
Conclusione Se l’Industria Farmaceutica guadagna sempre di più è anche a causa della nostra ignoranza. Le conoscenze le abbiamo, ma non possiamo più attendere che siano lo Stato o la Medicina Ufficiale a comunicarcele: oggi ognuno deve darsi da fare e cercare di proteggere la salute propria e quella dei suoi cari.
Spesso, nelle relazioni che tengo a qualche convegno sono solito proiettare alla fine questa frase:“La salute è un prezioso patrimonio, nostro e dei nostri figli: non possiamo metterla nelle mani dell’Industria Farmaceutica o degli attuali Enti Governativi … molto probabilmente, chi lo farà la perderà!”.
Dr. Roberto Gava
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martedì 19 giugno 2012
Banca Network vicina al crac. Istruzioni per l'uso per i correntisti traditi di Vito Lops
Migliaia di clienti al varco, con i conti bloccati e l'impossibilità di utiilzzare le proprie somme. È la situazione in cui si trovano in questo momento gli oltre 28mila clienti di Banca network investimenti (Bni) dopo la delibera della Banca d'Italia del 31 maggio (elenco delle altre banche italiane a rischio). Tra i clienti vi sono anche molti dei 69 dipendenti che, in caso di liquidazione dell'istituto, rischiano il posto di lavoro.
Una «misura si è resa necessaria per fronteggiare la situazione di difficoltà della banca» secondo quanto ha comunicato l'istituto di palazzo Koch che a novembre ha posto in amministrazione straordinaria la Banca nata da Bipielle Net, una costola della Banca popolare di Lodi di Giampiero Fioriani.
La banca, come tutte quelle operanti in Italia, è obbligata ad aderire al Fondo interbancario di tutela dei depositi che garantisce la restituzione delle disponibilità in conto corrente (liquidità, depositi vincolati, assegni circolari e certificati di depositi nominativi) fino a 100mila euro (la garanzia è per depositante e per banca, indipendentemente dal numero di conti aperti presso uno stesso istituto).
Su questo non ci piove. Gli oltre 28mila clienti di Banca Network potranno usufruire eventualmente di questa garanzia. Ma come funziona? E, intanto, chi li ripaga dei danni maturati dal momentaneo congelamento dei conti?
La garanzia fino a 100mila euro
Rispetto ai precedenti casi di risparmio tradito ci sono delle novità, sia positive che negative. Da maggio 2011 l'Italia ha infatto recepito la direttiva 2009/14/CE dell'11 marzo 2009 che stablisce nuovi limiti di copertura limite di copertura e i termini di rimborso. Partiamo dalla notizia più brutta. Il rimborso è garantito fino a 100mila euro, e non più fino a 103mila euro, come previsto in precedenza. La notizia buona riguarda invece i tempi del rimborso da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Questo deve avvenire dopo 20 giorni lavorativi dalla data in cui viene emesso il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa da parte della Banca d'Italia. È prevista che questa possa prorogare il limite di ulteriori 10 giorni in circostanze del tutto eccezionali.
In precedenza invece il limite era di 3 mesi ma - secondo quanto comunica una fonte al Sole 24 Ore - gli slittamenti fino a 6-9 mesi sono stati frequenti.
Strumenti rimborsabili
Rientrano nell'ambito delle garanzie del fondo conti correnti, depositi (vincolati e no), assegni circolari, certificati di deposito nominativi (non al portatore).
Forme di investimento come obbligazioni aziendali, azioni, titoli di Stato, pronti contro termine non rientrano nelle garanzie del fondo ma restano di proprietà del cliente in quanto sono solo custoditi dalla banca insolvente (all'interno del conto titoli).
E l'oro? È escluso in quanto è un deposito fisico, non di denaro. Il Fondo Interbancario - come si apprende dal sito del fondo - protegge solo i depositi in denaro. In ogni caso non è necessario proteggere i depositi in oro. Infatti se una banca fallisce, l'oro come tutto ciò che è stato fisicamente depositato (beni di valore - securities) va restituito al legittimo proprietario perché non fa parte dell'attivo di una banca fallita. In altre parole, questi beni non fanno parte del processo di liquidazione, perché vengono direttamente riconsegnati al proprietario.
Il danno del momentaneo congelamento
Essendo una facoltà per la Banca d'Italia quella di sospendere i pagamenti per la banca in amministrazione controllata congelando difatti i conti correnti classici, non sono contemplate dal legislatore azioni legali specifiche per il danno derivante dal momentaneo congelamento delle somme.
Scenari che si aprono
Entro fine giugno, quando scadono i 30 giorni di sospensione previsti dalla Banca d'Italia si potranno aprire due scenari. Gli organi di controllo potrebbero aver bisogno di ulteriore tempo e chiedere una nuova proroga di 30 giorni. Oppure (scenario che pare più probabile) Banca d'Italia e i rappresentanti del Fondo interbancario - in queste ore stabilmente nella sede milanese dell'istituto - potranno aver terminato con successo per effettuare tutti gli accertamenti e le verifiche del caso per arrivare a una soluzione. In questo caso, dopo la dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa da parte della Banca d'Italia, scatterà il conto alla rovescia dei 20 giorni per il rimborso. Che si stima quindi possa arrivare prima della fine dell'estate.
Banca d'Italia sotto accusa
Nella vicenda però è finita nel mirino la stessa Banca d'Italia. Il senatore dell'Italia dei Valori nonché presidente dell'associazione Adusbef, Elio Lannutti, ha infatti chiesto al governo tramite un'interrogazione parlamentare, di verificare l'operato della Banca d'Italia che aveva effettuato prime ispezioni su Banca Netowrk già nell'ottobre 2009 rivelando «carenze nell'organizzazione dell'istituto e nei controlli interni» e multando l'istituto per 153mila euro. Secondo Lannutti Palazzo Koch avrebbe dovuto individuare in anticipo il crack milionario a cui rischia di andare incontro adesso l'istituto trascinando con sè migliaia di clienti.
Fonte Articolo
Una «misura si è resa necessaria per fronteggiare la situazione di difficoltà della banca» secondo quanto ha comunicato l'istituto di palazzo Koch che a novembre ha posto in amministrazione straordinaria la Banca nata da Bipielle Net, una costola della Banca popolare di Lodi di Giampiero Fioriani.
La banca, come tutte quelle operanti in Italia, è obbligata ad aderire al Fondo interbancario di tutela dei depositi che garantisce la restituzione delle disponibilità in conto corrente (liquidità, depositi vincolati, assegni circolari e certificati di depositi nominativi) fino a 100mila euro (la garanzia è per depositante e per banca, indipendentemente dal numero di conti aperti presso uno stesso istituto).
Su questo non ci piove. Gli oltre 28mila clienti di Banca Network potranno usufruire eventualmente di questa garanzia. Ma come funziona? E, intanto, chi li ripaga dei danni maturati dal momentaneo congelamento dei conti?
La garanzia fino a 100mila euro
Rispetto ai precedenti casi di risparmio tradito ci sono delle novità, sia positive che negative. Da maggio 2011 l'Italia ha infatto recepito la direttiva 2009/14/CE dell'11 marzo 2009 che stablisce nuovi limiti di copertura limite di copertura e i termini di rimborso. Partiamo dalla notizia più brutta. Il rimborso è garantito fino a 100mila euro, e non più fino a 103mila euro, come previsto in precedenza. La notizia buona riguarda invece i tempi del rimborso da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Questo deve avvenire dopo 20 giorni lavorativi dalla data in cui viene emesso il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa da parte della Banca d'Italia. È prevista che questa possa prorogare il limite di ulteriori 10 giorni in circostanze del tutto eccezionali.
In precedenza invece il limite era di 3 mesi ma - secondo quanto comunica una fonte al Sole 24 Ore - gli slittamenti fino a 6-9 mesi sono stati frequenti.
Strumenti rimborsabili
Rientrano nell'ambito delle garanzie del fondo conti correnti, depositi (vincolati e no), assegni circolari, certificati di deposito nominativi (non al portatore).
Forme di investimento come obbligazioni aziendali, azioni, titoli di Stato, pronti contro termine non rientrano nelle garanzie del fondo ma restano di proprietà del cliente in quanto sono solo custoditi dalla banca insolvente (all'interno del conto titoli).
E l'oro? È escluso in quanto è un deposito fisico, non di denaro. Il Fondo Interbancario - come si apprende dal sito del fondo - protegge solo i depositi in denaro. In ogni caso non è necessario proteggere i depositi in oro. Infatti se una banca fallisce, l'oro come tutto ciò che è stato fisicamente depositato (beni di valore - securities) va restituito al legittimo proprietario perché non fa parte dell'attivo di una banca fallita. In altre parole, questi beni non fanno parte del processo di liquidazione, perché vengono direttamente riconsegnati al proprietario.
Il danno del momentaneo congelamento
Essendo una facoltà per la Banca d'Italia quella di sospendere i pagamenti per la banca in amministrazione controllata congelando difatti i conti correnti classici, non sono contemplate dal legislatore azioni legali specifiche per il danno derivante dal momentaneo congelamento delle somme.
Scenari che si aprono
Entro fine giugno, quando scadono i 30 giorni di sospensione previsti dalla Banca d'Italia si potranno aprire due scenari. Gli organi di controllo potrebbero aver bisogno di ulteriore tempo e chiedere una nuova proroga di 30 giorni. Oppure (scenario che pare più probabile) Banca d'Italia e i rappresentanti del Fondo interbancario - in queste ore stabilmente nella sede milanese dell'istituto - potranno aver terminato con successo per effettuare tutti gli accertamenti e le verifiche del caso per arrivare a una soluzione. In questo caso, dopo la dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa da parte della Banca d'Italia, scatterà il conto alla rovescia dei 20 giorni per il rimborso. Che si stima quindi possa arrivare prima della fine dell'estate.
Banca d'Italia sotto accusa
Nella vicenda però è finita nel mirino la stessa Banca d'Italia. Il senatore dell'Italia dei Valori nonché presidente dell'associazione Adusbef, Elio Lannutti, ha infatti chiesto al governo tramite un'interrogazione parlamentare, di verificare l'operato della Banca d'Italia che aveva effettuato prime ispezioni su Banca Netowrk già nell'ottobre 2009 rivelando «carenze nell'organizzazione dell'istituto e nei controlli interni» e multando l'istituto per 153mila euro. Secondo Lannutti Palazzo Koch avrebbe dovuto individuare in anticipo il crack milionario a cui rischia di andare incontro adesso l'istituto trascinando con sè migliaia di clienti.
Fonte Articolo
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Terremoto Abruzzo, i soldi degli Sms imboscati dalle banche
Ne avevamo parlato i primi di Giugno con l'articolo "Scandaloso:i soldi degli sms ai terremotati finiscono in fondi per concedere prestiti" i
soldi degli SMS che i cittadini hanno devoluto in favore dei
terremotati abruzzesi, anziché essere impiegati nella ricostruzione,
sono finiti nelle casse di una BANCA, che li ha utilizzati per concedere
PRESTITI a tasso agevolato (ma nemmeno troppo). I
cittadini REGALANO i propri soldi ai terremotati, e questi finiscono
per essere REGALATI alle banche, che li PRESTANO ai terremotati,
decurtando elevatissime spese di gestione (quasi 500.000€) e ricavandone
persino gli interessi. Se ne è occupato anche "Il Fatto Quotidiano"
Di seguito l'articolo de "Il Fatto Quotidiano" del 16 giugno 2012
I
circa cinque milioni di euro donati dagli italiani per "dare una mano"
alla ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma del 2009, sono fermi nei
forzieri degli istituti di credito. La Etimos, accusata nei giorni
scorsi su alcuni blog di aver gestito direttamente il patrimonio, ci ha
sì guadagnato e spiega come li ha spesi
Gira
e rigira sono finiti alle banche i 5 milioni di euro arrivati via sms
dopo il terremoto dell’Aquila sotto forma di donazione. E la loro
gestione è stata quella prevista da qualsiasi rapporto bancario: non è
bastata la condizione di “terremotato” per ricevere un prestito con cui
rimettere in piedi casa o riprendere un’attività commerciale distrutta
dal sisma. Per ottenerlo occorreva – occorre ancora oggi – soddisfare
anche criteri di “solvibilità”, come ogni prestito. Criteri che, se
giudicati abbastanza solidi, hanno consentito l’accesso al credito, da
restituire con annessi interessi. I presunti insolvibili sono rimasti
solo terremotati. Anche se quei soldi erano stati donati a loro. Il
metodo Bertolasocomprendeva anche questo. È accaduto in Abruzzo, appunto, all’indomani del sisma del 2009. Mentre Silvio Berlusconi prometteva
casette e “new town”, l’ex numero uno della Protezione civile aveva già
deciso che i soldi arrivati attraverso i messaggini dal cellulare non
sarebbero stati destinati a chi aveva subito danni, ma a un consorzio
finanziario di Padova, l’Etimos, che avrebbe poi usato i fondi per
garantire le banche qualora i terremotati avessero chiesto piccoli
prestiti. E così è stato. Le donazioni sono confluite in un fondo di
garanzia bloccato per 9 anni. Un fondo che dalla Protezione civile, due
mesi fa, è stato trasferito alla ragioneria dello Stato. La quale, a sua
volta, lo girerà alla Regione Abruzzo. E di quei 5 milioni i
terremotati non hanno visto neanche uno spicciolo. Qualcuno ha ottenuto
prestiti grazie a quel fondo utilizzato come garanzia, ma ha pagato fior
di interessi e continuerà a pagarne. Altri il credito se lo sono visto
rifiutare.
L’emergenza
Bertolaso, allora, aveva pieni poteri. Come capo della Protezione civile, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma soprattutto nella veste di uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi. I primi soldi che Bertolaso si trovò a gestire furono proprio i quasi 5 milioni donati dagli italiani con un semplice messaggio del cellulare. Ma lui, “moderno” nella sua concezione di Protezione civile, decise che i milioni arrivati da tutta la penisola sarebbero stati destinati al post emergenza e alle banche, non all’emergenza. Questo aspetto non venne specificato al momento della raccolta, ma Bertolaso avevailpoteredidecidere a prescindere. Spedì poi un suo emissario alla Etimos di Padova, consorzio finanziario specializzato nel microcredito, che raccoglie al suo interno, attraverso una fondazione, molti soggetti di tutti i colori, da Caritas a Unipol.
Bertolaso, allora, aveva pieni poteri. Come capo della Protezione civile, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma soprattutto nella veste di uomo di fiducia del premier Silvio Berlusconi. I primi soldi che Bertolaso si trovò a gestire furono proprio i quasi 5 milioni donati dagli italiani con un semplice messaggio del cellulare. Ma lui, “moderno” nella sua concezione di Protezione civile, decise che i milioni arrivati da tutta la penisola sarebbero stati destinati al post emergenza e alle banche, non all’emergenza. Questo aspetto non venne specificato al momento della raccolta, ma Bertolaso avevailpoteredidecidere a prescindere. Spedì poi un suo emissario alla Etimos di Padova, consorzio finanziario specializzato nel microcredito, che raccoglie al suo interno, attraverso una fondazione, molti soggetti di tutti i colori, da Caritas a Unipol.
I numeriQuello
che è successo in questi 3 anni è molto trasparente, al contrario della
richiesta di donazione via sms che non precisò a nessuno dove sarebbero
finiti i soldi. Nemmeno a un ente, la Regione Abruzzo che,
paradossalmente, domani potrebbe usare quei soldi per elicotteri o auto
blu. La Etimos, accusata nei giorni scorsi su alcuni blog di aver
gestito direttamente il patrimonio, ci ha sì guadagnato, ma non fatica
ad ammettere come sono stati usati i soldi: dei 5 milioni di fondi
pubblici messi a disposizione del progetto dal dipartimento della
Protezione civile, 470 mila euro sono stati destinati alle spese di
start-up e di gestione del progetto, per un periodo di almeno 9 anni; 4
milioni e 530 mila euro invece la cifra utilizzata come fondo
patrimoniale e progressivamente impiegata a garanzia dell’erogazione dei
finanziamenti da parte degli istituti di credito aderenti. Intanto sono
state 606 le domande di credito ricevute (206 famiglie, 385 imprese, 15
cooperative). Di queste 246 sono state respinte (85 famiglie, 158
imprese, 3 cooperative) mentre 251 sono i crediti erogati da gennaio
2011 a oggi per un totale di 5.126.500 euro (famiglie 89/551mila euro,
imprese 153/4 milioni 233mila e 500 euro, cooperative 9/342mila euro).
Infine 99 domande sono in valutazione (68 famiglie, 28 imprese, 3 coop).
Gli aiuti e le bancheAl
termine dell’operazione quello che è successo è semplice: i soldi che
le persone hanno donato sono serviti a poco o a niente. Non sono stati
un aiuto per l’emergenza, ma – per decisione diBertolaso –
la fase cosiddetta della post emergenza. Che vuol dire aiuti sì, ma
pagati a caro prezzo. Le persone si sono rivolte alle banche
(consigliate da Etimos, ovviamente) e qui hanno contrattato il credito.
Ma chi con il terremoto è rimasto senza un introito di quei soldi non ha
visto un centesimo. Non è stato in grado neppure di prendere il
prestito perché giudicato persona a rischio, non in grado di restituire
il danaro.
Che fine han fatto gli sms?I
terremotati sono stati praticamente esclusi. Se qualcosa hanno avuto lo
hanno restituito con un tasso d’interesse inferiore rispetto agli
altri, ma pur sempre pagando gli interessi. Chi ha guadagnato sono le
banche, sicuramente, e la Regione Abruzzo che, al termine dei 9 anni
stabiliti, si troverà nelle casse 5 milioni di euro in più. Vincolati?
Questo non lo sappiamo. Ne disporrà come meglio crede, sono soldi che
entreranno nel bilancio.
La posizione di EtimosFino a oggi, scoperto il metodo Bertolaso, il consorzio finanziario Etimos si è preso le accuse. Ma il presidente dell’azienda padovana al Fatto Quotidiano spiega che il loro è stato un lavoro pulito e trasparente. “Se qualcuno ha mancato nell’informazione”, dice il presidente Marco Santori,
“è stata la Protezione civile che doveva precisare che i soldi erano
destinati al post emergenza e non all’aiuto diretto. Noi abbiamo fatto
con serietà e il risultato è quello che ci era stato chiesto”.
giovedì 14 giugno 2012
mercoledì 13 giugno 2012
Brunetta licenziato dal comune di Venezia: "Troppe assenze"
Proprio lui, il nemico numero uno dell'assenteismo sul posto di lavoro, si è fatto licenziare dal Comune di Venezia per le "troppe assenze".
Un vero e proprio paradosso. Il provvedimento è stato annunciato da
Stefano Zecchi, capogruppo Pdl: "La decisione è stata assunta
considerando con rammarico l'assenza dalle iniziative relative al lavoro
del Consiglio comunale dell'ispiratore e animatore della lista
originaria nata per affrontare le elezioni del 2010 a sindaco di
Venezia".
La lista civica "Brunetta" con cui l'ex ministro si era candidato come sindaco era già stata rinominata dai suoi ex-sostenitori "Impegno per Venezia, Mestre, Isole", proprio come ritorsione contro il 'fannullone' Renato.
Fonte Articolo
La lista civica "Brunetta" con cui l'ex ministro si era candidato come sindaco era già stata rinominata dai suoi ex-sostenitori "Impegno per Venezia, Mestre, Isole", proprio come ritorsione contro il 'fannullone' Renato.
Fonte Articolo
martedì 12 giugno 2012
Henry Kissinger e il gruppo Bilderberg dietro all'omicidio di Aldo Moro
HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL'OMICIDIO DI ALDO MORO
«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell'intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l'ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l'Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».
In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l'Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.
«Moro progettava di dare stabilità all'Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l'opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.
Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l'Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un'aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».
Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell'implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l'omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».
Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».
In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».
Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell'Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l'attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.
Fonte Articolo
«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell'intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l'ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l'Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».
In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l'Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.
«Moro progettava di dare stabilità all'Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l'opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.
Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l'Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un'aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».
Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell'implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l'omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».
Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».
In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».
Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell'Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l'attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.
Fonte Articolo
venerdì 8 giugno 2012
ECCO TUTTI I REGALI ALLE LOBBY DELLE SLOT...
- In questi giorni - sul web - si parla delle lobby delle
slot, a cui il governo italiano, grazie a una legge di Berlusconi, sta
scandalosamente per regalare 285.000.000 di euro; vedi articolo
- Le stesse aziende a cui nel 2007 è stata accerta un'evasione fiscale da 98.000.000.000 di euro, e che se la sono cavata pagando, nel Febbraio scorso, solo 2.500.000.000 di euro, con uno sconto del 96,5%... più o meno la stessa percentuale che molti cittadini pagano in più ad Equitalia, a titolo di interessi, penali, spese di notifica. Umberto Rapetto,
Il Colonnello della GdF che ha scoperto la maxi evasione, non ha
ricevuto un encomio, ma è stato recentemente costretto a rassegnare le
dimissioni. vedi articolo
- Le stesse aziende dei videopoker a cui pochi mesi fa, lo stato ha regalato nuove licenze, che avrebbero potuto assegnare mediante asta pubblica, ricavando un introito milionario per le casse dell'erario. vedi articolo
- Il "bello" è che i videopoker, che da qualche anno troviamo in praticamente tutti i bar, possono generare una forte dipendenza, e migliaia di persone ci si sono rovinate (o ci si stanno rovinando) se ti viene da pensare che sono "sciocchi", sappi che la dipendenza dal gioco non ha niente a che invidiare a quella che inducono le sostanze stupefacenti... vedi articolo
Passaparola condividendo sui social network: se non lo facciamo noi, non lo fa nessuno...
(qui l'immagine Facebook da condividere...)
Fonte Articolo
lunedì 4 giugno 2012
Ricchi e tasse universitarie
L’università è uguale per tutti. Sbagliato.
L’università, come è strutturata oggi, è un regalo dei poveri ai ricchi
perché le sue tasse sono fortemente regressive, come mostra una ricerca
di Andrea Ichino dell’Università di Bologna e di Daniele Terlizzese della Banca d’Italia, presentata nel corso del Festival dell’Economia conclusosi domenica sera a Trento.
Supponiamo che lo studente viva da solo, o venga da una famiglia con un reddito molto modesto: 15.000 euro l’anno. Per iscriversi all’università pagherà 874,83 euro, ovvero il 5,8% del reddito familiare, un aggravio non da poco per chi fatica ad arrivare a fine mese: in queste condizioni molti diciottenni pur “capaci e meritevoli” saranno scoraggiati dal tentare di raggiungere la laurea. Ma guardiamo cosa succede se la famiglia di provenienza ha un reddito di 40.000 euro: le tasse saliranno in termini assoluti (1746,79 euro) ma diminuiranno in percentuale sul reddito familiare, perché corrispondono solo al 4,3% di quest’ultimo. E poiché il tetto massimo nelle università del Veneto è, in media, 1835,46 euro ne consegue che una famiglia con un reddito tassabile di 100.000 euro pagherebbe soltanto l’1,8% del proprio reddito per far ottenere una laurea al figlio.
“Sostanzialmente”, spiega il professor Ichino, “bisogna porre fine all’iniquità per cui oggi i poveri pagano l’università ai ricchi, facendo pagare chi se lo può permettere e aiutando chi è meritevole ma senza sostegno non riuscirebbe a frequentare l’università”. La proposta di Ichino è interessante per gli strumenti che intende mettere in campo: prestiti condizionati al reddito (Income Contingent Loans), ovvero finanziamenti che sarebbero ripagati solo al raggiungimento di un certo livello di reddito lavorativo, quindi consentirebbero di affrontare l’università senza l’ansia generata da un tradizionale prestito bancario.
Lo scopo è di permettere agli atenei di chiedere maggiori tasse per portare più risorse all’università a carico di chi da essa trae benefici; questo, se unito a una maggiore autonomia per gli atenei (che oggi non possono incamerare dalle tasse più del 20% del loro Fondo di finanziamento ordinario) permetterebbe di creare risorse che poi le università aderenti allo schema potrebbero investire in corsi di laurea di eccellenza ma anche nel finanziare i corsi meno “popolari” ma culturalmente importanti.
L’idea farà certamente discutere ma il punto di partenza è incontestable: occorre disegnare il sistema delle tasse universitarie per renderlo progressivo e non regressivo, secondo i dettami della Costituzione.
Fonte Articolo
Supponiamo che lo studente viva da solo, o venga da una famiglia con un reddito molto modesto: 15.000 euro l’anno. Per iscriversi all’università pagherà 874,83 euro, ovvero il 5,8% del reddito familiare, un aggravio non da poco per chi fatica ad arrivare a fine mese: in queste condizioni molti diciottenni pur “capaci e meritevoli” saranno scoraggiati dal tentare di raggiungere la laurea. Ma guardiamo cosa succede se la famiglia di provenienza ha un reddito di 40.000 euro: le tasse saliranno in termini assoluti (1746,79 euro) ma diminuiranno in percentuale sul reddito familiare, perché corrispondono solo al 4,3% di quest’ultimo. E poiché il tetto massimo nelle università del Veneto è, in media, 1835,46 euro ne consegue che una famiglia con un reddito tassabile di 100.000 euro pagherebbe soltanto l’1,8% del proprio reddito per far ottenere una laurea al figlio.
“Sostanzialmente”, spiega il professor Ichino, “bisogna porre fine all’iniquità per cui oggi i poveri pagano l’università ai ricchi, facendo pagare chi se lo può permettere e aiutando chi è meritevole ma senza sostegno non riuscirebbe a frequentare l’università”. La proposta di Ichino è interessante per gli strumenti che intende mettere in campo: prestiti condizionati al reddito (Income Contingent Loans), ovvero finanziamenti che sarebbero ripagati solo al raggiungimento di un certo livello di reddito lavorativo, quindi consentirebbero di affrontare l’università senza l’ansia generata da un tradizionale prestito bancario.
Lo scopo è di permettere agli atenei di chiedere maggiori tasse per portare più risorse all’università a carico di chi da essa trae benefici; questo, se unito a una maggiore autonomia per gli atenei (che oggi non possono incamerare dalle tasse più del 20% del loro Fondo di finanziamento ordinario) permetterebbe di creare risorse che poi le università aderenti allo schema potrebbero investire in corsi di laurea di eccellenza ma anche nel finanziare i corsi meno “popolari” ma culturalmente importanti.
L’idea farà certamente discutere ma il punto di partenza è incontestable: occorre disegnare il sistema delle tasse universitarie per renderlo progressivo e non regressivo, secondo i dettami della Costituzione.
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giovedì 31 maggio 2012
Scandalo alluvione Genova: "Svaniti nel nulla 6 milioni di euro degli SMS solidali"
I
proventi delle donazioni raccolte via sms in favore degli alluvionati
della Liguria - soldi raccolti addirittura 7 MESI FA, a inizio Novembre -
non sono ancora arrivati a destinazione! E non si sa che fine
abbiano fatto di preciso: è stata presentata un'interrogazione in
Regione, e ci auguriamo che sia fatta luce al più presto. Una notizia di quelle che fanno male, che farebbero perdere le staffe anche a Ghandi. Ci
auguriamo caldamente che quei soldi giungano al più presto a
destinazione, con tanto di umili, umilissime scuse da chi aveva la
responsabilità di farli arrivare a destinazione, e dopo quasi 8 mesi non
lo ha ancora fatto. Con il terremoto in Emilia Romagna di
questi giorni è ripartita la raccolta di fondi via sms, e vorremmo
poterla sponsorizzare senza alcun dubbio sul fatto che arrivino a
destinazione. Anche se questa raccolta fondi è gestita da enti diversi,
apprendere queste notizie non può che fare diventare diffidenti i
cittadini dall'effettuare donazioni di qualsiasi genere.
COME
E' POSSIBILE E GIUSTIFICABILE CHE A DISTANZA DI QUASI 8 MESI I SOLDI
RACCOLTI PER L'ALLUVIONE NON SIANO ARRIVATI A DESTINAZIONE?!?
Di seguito l'articolo di nuovaresistenza.org:
E’ stata depositata in Regione Liguria un’interrogazione da parte del gruppo dell’Italia dei Valori. I circa 6 milioni di euro raccolti
dal “comitato un aiuto subito per le popolazioni colpite dalle
alluvioni”, sembrano essere spariti nel nulla: “A oggi ci risulta che
quei soldi non siano arrivati, ma circola anche la voce secondo la quale
parte di quella somma sia stata dirottata dal Governo su altri capitoli di spesa”, afferma il consigliere regionale Maruska Piredda.
I
soldi raccolti con gli SMS dovevano essere destinati a progetti
concordati tra Regioni e Protezione civile. Proprio alla Liguria
sarebbero toccati circa 3 milioni mezzo di euro:
“Chiediamo alla Regione – afferma Piredda – di verificare che fine
abbiano fatto quei soldi. Tra l’altro il Comune di Genova ha già
evidenziato la difficoltà di finanziare la messa in sicurezza del
Fereggiano, quindi parliamo di fondi sempre più necessari”.
L’interrogazione dell’Italia dei valori approderà anche a Roma.
Irpinia - Terremoto 1980 - Discorso del Presidente Pertini
Discorso del Presidente Sandro Pertini
nel quale denunciò il ritardo e le inadempienze dei soccorsi nel
terremoto in Irpinia del 1980 ed esortò gli italiani alla solidarietà
verso i poveri terremotati.
Immagini dal documentario di Rai Storia "23 novembre 1980 - Obiettivo Irpinia".
mercoledì 30 maggio 2012
Non si puo' morire di terremoto! Intervista a Giampaolo Giuliani
Giampaolo Giuliani è in grado di anticipare di 6-24 ore il manifestarsi di un terremoto. La sua ricerca sui precursori sismici ha salvato la vita a quanti, nel 2009 in Abruzzo e in questi giorni in Emilia Romagna, hanno dato ascolto ai suoi allarmi.
Il terremoto uccide per ignoranza. Spesso non si conosce il livello di rischio sismico della regione nella quale si vive. Più spesso non si sa come comportarsi in caso di allarme terremoto. Se il meteo ci dice che domani pioverà, terremo a portata di mano l'ombrello. Ma se non viene nemmeno annunciato il rischio di un forte terremoto, perché il Comune non ci dice come comportarci? Serve la Prevenzione Civile, non solo la Protezione Civile.
Intervista a Giampaolo Giuliani, sismologo e ricercatore dei precursori sismici:
I sedicenti esperti mi fanno infuriare
Sono particolarmente arrabbiato questa mattina, perché sento i commenti alla televisione di quelli che si dichiarano essere esperti e non li condivido. Quella zona non è a bassa sismicità. È un falso. Il fatto che per tanti anni non si siano verificati dei terremoti non significa niente. Addirittura non era segnata come fascia a rischio sismico, quando nel 1800, nel 1500, nel 1900 negli anni intorno al 1960/70 si sono verificati dei forti terremoti su quel territorio. Questo doveva quantomeno considerato come un territorio a grande rischio sismico, come è dimostrato ora, dove fare delle prevenzioni sulla popolazione. Questo non sta avvenendo, in tutta Italia, in nessun posto!È chiaro che per 30 anni non si è andati a mettere in sicurezza gli edifici a rischio, ma almeno avremmo si sarebbe dovuto farlo nei confronti della popolazione cercando di dare loro la cultura necessaria per difendersi dal terremoto. Tutte le telefonate che ho ricevuto dalla popolazione lì e mi chiedevano se potevano tornare nelle abitazioni la settimana scorsa - addirittura giornali - tutti coloro che mi hanno chiesto gli ho detto: “no perché la situazione è ancora pericolosa e continua a esserlo per i giorni che verranno”.
Dove nasce la mia rabbia? Come voi sapete gestisco una rete di rilevamento di misure che ci danno informazione preventive 6-24 ore prima sugli eventi, però la mia rete è limitata nella zona della Provincia de L’Aquila e non ci permette di poter dare un allarme preciso al di fuori del raggio di azione della rete che è di circa 150-180 chilometri. Ciò non di meno le nostre osservazioni mostrano delle forti anomalie anche a grande distanza, questo però non ci permette di poter dire quale sia il posto. Se noi avessimo un altro strumento, per esempio in quella zona, noi avremmo, con 6-24 ore, potuto dire che lì ci sarebbe stata una forte scossa. Senza voler prendere in considerazione la nostra strumentazione e la nostra ricerca sperimentale, bisogna saper leggere anche i sismometri, i sismografi!
Gli esperti - quelli che si dichiarano esperti e che in realtà non lo sono - mi fanno arrabbiare. Beppe Grillo metterebbe tanta di quell’emotività da far comprendere la gravità di cui stiamo parlando. In questo momento sono emotivamente preso perché dalla settimana scorsa c’erano segni che si sarebbe verificato un forte terremoto oggi, perché almeno a saper leggere i sismografi, l’epicentro dell’evento si è spostato da dopo il forte terremoto del 6, si è spostato tra 5 e 10 chilometri, da Finale Emilia, si è spostato su Mirandola rilasciando terremoti di grado che indicano l’incremento dell’energia e quindi la possibilità che si verifichi ancora un forte terremoto e non ne hanno tenuto conto. Se non li sanno leggere, il 4,2 che è avvenuto a Mirandola che è un epicentro diverso rispetto a quello di Finale Emilia con uno sciame superiore agli eventi strumentali perché si sono avuti più di 200 eventi maggiori dello strumentale, quello indica l’incremento di energia, l’incremento del numero di terremoti che a breve ci sarà una forte scossa. È questa l’ulteriore scossa perché un 5,8 è come un 6!
Ce l’hanno detto i sismografi ieri, l’altro ieri! Come si fa a essere oggi impreparati? Ieri a un’intervista radiofonica su Radio L’Aquila 1, che il lunedì, il martedì e il venerdì mi chiamano per avere informazione sull’andamento degli eventi sismici sul bacino aquilano, mi chiedeva quale fosse la situazione e io ieri dissi che nel bacino aquilano eravamo interessati solo da piccoli eventi strumentali che la popolazione nemmeno avverte e che per le prossime 24 ore non saremmo stati interessati da nessun evento. Mentre ho detto ieri che le nostre stazioni mostrano anomalie lontane più di 400 chilometri dal nostro territorio e che si sarebbero potuti verificare forti terremoti, non sapevamo se a nord o a sud, cioè se nella zona calabra dove sono stati rilasciati anche l’altro ieri forti terremoti, o ancora un proseguo a nord, dicendo comunque su tutto il territorio della dorsale dell’Appennino e dell’Italia, di mantenere una certa attenzione, grandissima attenzione per la possibilità che si sarebbero potuti verificare nella giornata odierna dei forti terremoti.
Stando no all’interpretazione in questo caso che danno le mie macchine che vedono delle forti anomalie che non appartengono al nostro territorio dove stiamo misurando, ma che comunque non ci permette di poter dire con certezza l’epicentro e la zona… perché avremo bisogno di all’altra macchina lì per poter correlare con quelle che abbiamo qui.
Ma certo, allora, ma questo lo dice la scienza sulla sismologia che quando c’è un’attività sismica in cui incrementa il numero di terremoti e il grado sismico che va oltre il quarto grado Richter se vogliamo, con un gran numero di eventi a seguire superiori allo strumentale, questo significa che l’energia sta incrementando e se l’energia incrementa significa che sarà rilasciato un terremoto ancora più forte. Ma questo… mi domando e dico: ma questi scienziati che cazzo di scienziati sono che oggi ancora noi non riusciamo… abbiamo ancora morti per terremoto, siamo nel 2012! Che cazzo studiano?! L’ho dato il consiglio alle persone che li hanno chiamato l’altro ieri, ieri, gli ho detto: state fuori, mettetevi in sicurezza, perché c’è ancora pericolo! Non dico che loro devono andare a studiare il Radon che è quello che studio io e che mi dà la possibilità 6-24 ore prima di un forte terremoto di sapere se avverrà o meno, ma studiate i sismografi visto che sapete utilizzare soltanto quelli!
"Le stronzate che dicono fanno morire le persone!"
La protezione civile interviene dopo il forte terremoto. Questo non si è capito bene in Italia ancora oggi, la prevenzione significa preparare intanto le persone, se muoiono le persone chi le ricostruisce le cose che cadono? Noi da 30 anni non abbiamo mai fatto prevenzione sul territorio, sugli edifici, sulle costruzioni che sono i luoghi dove gli uomini vanno a lavorare e possono morire a causa del terremoto. La cosa più grave è che non abbiamo insegnato a quegli uomini come ci si difende e come si riconoscono i terremoti forti pericolosi e l’arrivo di un terremoto, questo è ancora più grave. La cosa più grave ancora è che quei signori, quegli esperti che parlano in televisione e dicono di essere i più grandi esperti al mondo sui terremoti e dicono di essere impreparati, non è accettabile! Non ho parole, oggi altri 8 morti fino a questo momento, dopo che c’è stato, tutto quello che c’è stato fino adesso. Ma vogliamo continuare a prenderci in giro? Beppe mi aveva promesso che avrebbe fatto qualcosa, lui è una voce che le persone lo ascoltano e l’ha dimostrato nelle ultime amministrative che c’è stata un’attenzione nei suoi confronti, lui in questo momento dovrebbe mettere in risalto l’impreparazione che abbiamo in Italia in un momento come quello che stiamo vivendo a grande rischio sismico, e non è finita qui!
Nel senso che l’attività sismogenetica che stiamo registrando ormai dall’inizio dell’anno e il gran numero di terremoti che stanno avvenendo in tutta Italia, e forti, quando dico forti parlo maggiore del quarto grado. In gran numero rispetto alla media degli anni precedenti, quindi significa che c’è un incremento dell’attività sismica. C’è un incremento del rilascio dell’energia e quindi la possibilità che possano ancora verificarsi forti terremoti anche in zone non dichiaratamente a rischio sismico o quantomeno non conosciute come zone a rischio sismico.
Questo bisogna dirlo alla popolazione, questo non significa che fare terrorismo. Significa dire a tutti: “guardate che c’è un pericolo e quindi dovete sapere come ci si comporta in questi casi”. Siamo tanto bravi nelle previsioni del tempo a dire: “domani pioverà e sarà un alluvione o una pioggia leggera”. La gente mica si strappa i capelli per questo, il giorno dopo uscirà con l’ombrello. Quello che io sto dicendo è che oggi siamo in grado di poter dire alle popolazioni: guardate che domani possono verificarsi degli eventi sismici pericolosi lì dove il territorio presenta delle costruzioni a rischio.
Non so che pensare. Sono incazzato, sono incazzato perché questi grandi personaggi dicono ancora delle stronzate e le stronzate che dicono fanno morire le persone! E nessuno ci mette a riparo!
Ci sono delle gravi responsabilità, ce le trasciniamo dietro da 20 anni e queste responsabilità ci faranno fare ancora altri morti, perché devo essere io la campana stonata del coro? Grazie. " Giampaolo Giuliani
Fonte Articolo
Terremoto: quando i Tweet diventano inopportuni - foto
Alcune aziende hanno sfruttato l'hashtag #Terremoto per promuovere i loro prodotti, salvo poi cancellare i messaggi di fronte alla reazione degli utenti
I tweet che vedete qui sotto sono apparsi pochi minuti dopo il terremoto
di questa mattina sugli account twitter delle seguenti aziende: @Prenotable, @GroupaliaIT, @brux_sport. Una mossa che ha scatenato la protesta di moltissimi utenti.
Di fronte alle tremende gaffe, le aziende sono corse ai ripari,
cancellando i messaggi dai loro profili e scusandosi pubblicamente per
l'accaduto. Incalcolabile, ovviamente, il danno d'immagine subito. Le
scuse, infatti, non sono state sufficiente a placare l'ira degli utenti.
Fonte Articolo
martedì 29 maggio 2012
Forte scossa di terremoto avvertita in tutto il Nord Italia Magnitudo 5.8, almeno tre le vittime e un disperso in Emilia
Trema ancora l'Emilia: epicentro a Mirandola, in provincia di Modena, crollati alcuni edifici e capannoni. Paura anche a Milano
ROMA - Una forte scossa di terremoto è stata avvertita in tutto il Nord
Italia. La forte scossa ha avuto una magnitudo 5.8. L'epicentro è
ancora in Emilia, in provincia di Modena. Almemo tre le vittime.
Secondo quanto risulta a Roma a fonti
di sicurezza che stanno seguendo il coordinamento dei soccorsi nell'area
del terremoto, il sisma ha fatto almeno tre vittime: due a San Felice
sul Panaro e una a Mirandola.
Sono due le persone morte sotto le macerie della ditta Meta di via Perossaro a San Felice sul Panaro.
Ci sarebbe anche un disperso e ci sono due feriti non gravi.
La nuova scossa di terremoto ha provocato crolli di edifici già
danneggiati e danni a strutture che erano state risparmiate dal sisma
del 20 maggio.
Nuovi crolli si sono registrati a
Mirandola, Finale Emilia e San Felice sul Panaro.
La scossa è avvenuta alle ore 9 ed è stata avvertita dalla popolazione
in provincia di Modena. I comuni prossimi all'epicentro sono Medolla,
Mirandola e Cavezzo.
Sentita distintamente a Milano, specie nei piani alti delle abitazioni.
Avvertita anche nel veneziano con movimento ondulatorio sentito in
particolare ai piani alti delle case. La scossa sembra aver avuto
particolare intensità in altre zone del Veneto, come nel vicentino.
SCOSSA SUPERFICIALE, PROFONDITA' 5-10 KM
- Secondo gli esperti
della sala sismica dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(Ingv) la scossa "fa parte della sequenza in atto". La scossa, il cui
epicentro è stato localizzato a Mirandola (Modena), è stata abbastanza
superficiale, avvenuta ad una profondità compresa fra 5 e 10 chilometri.
CROLLI A MIRANDOLA, FORSE VITTIMA A S.FELICE
- Crolli di edifici e
di capannoni sono segnalati a Mirandola, Medolla, San Felice sul
Panaro, già pesantemente colpite dal sisma del 20 maggio, e si dice che
una persona, non si sa se un anziano o un operaio, sia morto sotto le
macerie di un edificio in via Perossaro a San Felice. A Mirandola è
crollata la facciata del Duomo e i vigili del fuoco stanno facendo un
sopralluogo nella ditta di abbigliamento Gymnasium, alla ricerca di
eventuali persone. Stessa situazione alla biomedicale Gambro a Medolla.
VENETO, IN TILT CENTRALINI E CELLULARI
- I telefoni dei vigili del
fuoco e una parte dei cellulari sono in tilt, a Venezia e Verona, per le
tante segnalazioni di cittadini. La scossa di terremoto è stata
avvertita nel veneziano esattamente alle ore 9, con movimento
ondulatorio sentito in particolare ai piani alti delle case. La scossa
sembra aver avuto particolare intensità in altre zone del Veneto, come
nel vicentino.
SCOSSA AVVERTITA A GENOVA E NEL TIGULLIO
- E' stata avvertita
anche a Genova e nel levante ligure, in particolare nel Golfo del
Tigullio, la scossa di terremoto che questa mattina alle 9 ha fatto
tremare tutto il Nord Italia. Nel capoluogo ligure sono molte le persone
che per la paura hanno lasciato spontaneamente uffici ai piani alti e
sono scese in strada. In alcune scuole gli insegnanti hanno fatto uscire
i bambini in cortile per precauzione. Presi d'assalto i centralini di
vigili del fuoco e polizia municipale che hanno registrato in poche
decine di minuti centinaia di chiamate. Al momento non si registrano
danni o feriti legati al sisma.
SCOSSA AVVERTITA AOSTA, EVACUATI UFFICI REGIONE
- La scossa di
terremoto è stata avvertita ad Aosta, dove alcuni piani del palazzo
regionale sono stati evacuati a scopo precauzionale. Numerose le
chiamate alla centrale unica di soccorso regionale, ma al momento nessun
danno é segnalato in Valle d'Aosta.
SCOSSA AVVERTITA IN TRENTINO
- E' stata avvertita anche in
Trentino la scossa di terremoto registrata poco dopo le 9 in Emilia
Romagna. Si è sentita in modo particolare ai piani alti degli edifici e
le prime verifiche sono in corso sulla presenza di eventuali danni da
parte della Protezione civile trentina. Molte sono state le chiamate al
centralino della centrale 115 dei vigili del fuoco da parte di cittadini
allarmati. Il 115 invita quindi la popolazione a non intasare le linee
di emergenza e a chiamare solo per richieste di soccorso.
SCOSSA AVVERTITA A BOLZANO
- Una scossa di terremoto è stata
avvertita nettamente alle ore 9.03 a Bolzano. Numerose le chiamate ai
vigili del fuoco, per il momento non si segnalano danni.
SCOSSA AVVERTITA NELLE MARCHE
- E' stata avvertita anche nelle
Marche, da Pesaro ad Ancona, la nuova forte scossa di terremoto
registrata stamani con epicentro in Emilia Romagna. A Pesaro alcuni
istituti scolastici, come il Liceo classico, sono stati evacuati
temporaneamente, a scopo precauzionale. Tanta la paura fra i bambini
delle materne e delle elementari, mentre alcuni dirigenti scolastici
hanno chiesto ai vigili del fuoco verifiche statiche degli edifici. Al
momento comunque, non si segnalano danni. Tante le chiamate ai
centralini dei Vvf in tutta la provincia di Pesaro, e anche ad Ancona.
Fonte Articolo
lunedì 28 maggio 2012
Parma: gli amministratori a 5 stelle studiano diritto amministrativo e bilancio
I venti consiglieri comunali hanno cominciato con le lezioni di diritto amministrativo. In cattedra una docente universitaria che lo fa a titolo gratuito. «Non siamo politici, quindi dobbiamo imparare». L’età media in consiglio comunale non supera i quarant’anni.
PARMA – I venti consiglieri comunali hanno iniziato con le lezioni di Diritto amministrativo, la prima giovedì scorso. Poi si misureranno con un’altra materia: Tecniche di bilancio. Intanto, anche i semplici attivisti – le masse – propongono corsi autogestiti sui temi che i media censurano e sulla Costituzione. Così il Movimento Cinque Stelle di Parma si prepara all’esame più importante: trasformarsi da partito di lotta a partito di governo. Il Movimento tenta, dunque, il salto di qualità per dimostrare che il sindaco Federico Pizzarotti e i suoi non sono dei parvenu solo piazza, slogan e rosari di no.
Ora che il palco di Beppe è stato smontato, queste Frattocchie 2.0 nella Stalingrado grillina possono avere un senso per i neo amministratori. Che, volenti o nolenti, visto il debutto nel vituperato Palazzo, sono dei veri e propri quadri da formare per raggiungere la Terza via. Ma la loro premessa è un’ammissione: non siamo politici, facevamo altro nella vita e quindi studiamo. Un bene o un male? Di sicuro, dalla teoria alla pratica, il passo sarà brevissimo. C’è già un bel tavolo di lavoro – “meglio: un laboratorio” – in piazza Garibaldi che li aspetta. Si chiama Comune, le sue casse perdono acqua – e soprattutto euro, seicento milioni di euro – da tutte le parti.
I consiglieri comunali prendono appunti in un appartamento di strada a Baganzola, messo a disposizione da un anonimo sostenitore di Pizzarotti. Tre lezioni a settimana. Dietro alla scrivania, una docente di Giurisprudenza dell’Università di Parma che – “a titolo gratuito”, scrivetelo – forma i neo amministratori. La prof è una sostenitrice del Movimento Cinque Stelle. Anche lei alle 17.15 di lunedì 21 maggio ha esclamato “ce l’abbiamo fatta!”.
La sua classe, d’altronde, è quanto di più variegato ci possa essere. L’età media della nuova maggioranza monocolore che siederà sugli scranni del Consiglio non supera i quarant’anni. I laureati sono cinque, e a questi tra poco si aggiungerà Marco Bosi, 25 anni, mister preferenza del gruppo con 468 voti, alle prese con una tesi sugli indicatori economici alternativi al Pil. A scuola di buona amministrazione anche padre e figlio: l’ingegnere meccanico di 56 anni Lucio De Lorenzi e il pargolo Andrea, 20 anni, 32 preferenze, consigliere-mascotte del gruppo. Nel melting pot ambientalista e decrescista non mancano il Cipputi della situazione (Luca Rizzelli, 29 anni, operaio e delegato sindacale Fiom) e i due cuori e un Meet Up (Barbara Cacciatore e Mirco Zioni, colleghi consiglieri ma anche compagni nella vita con due bimbi: tu chiamale, se vuoi, mozioni).
E mentre i quadri studiano per il sol dell’avvenire, anche il Movimento si organizza. L’idea del popolo a Cinque stelle è quella di dare vita a seminari autogestiti sui temi che i media censurano (ambiente, edilizia, economia e mobilità). Un modo per informarsi in maniera alternativa, ma anche un corso di difesa personale dai giornalisti. Le iene dattilografe viste più che mai da queste parti come il megafono di quei poteri forti che hanno contribuito ad affondare la città. “Senza che nessuno, o quasi, scrivesse una riga”. Anche questo è il passato a Parma. La città dove la scena ha rubato il posto al retroscena.
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giovedì 16 febbraio 2012
RECESSIONE ITALIA/ Ecco l’alternativa alle tasse di Monti
ITALIA IN RECESSIONJE: CHE FARE?
Siamo tecnicamente in recessione, malgrado la valanga di manovre e le
conseguenti tasse che ci sono piovute sulla testa per tutto il 2011. Non
c’era da aspettare i dati statistici per sapere tutto quello che già
sapevamo. Per due successivi trimestri del 2011, il Pil è sceso prima
dello 0,5%, poi dello 0,7%. Due trimestri in negativo significano
tecnicamente recessione. È cresciuto anche il debito pubblico in valori
assoluti, e ora il rapporto tra debito e Pil è intorno al 120%, con la
tendenza a sfondare questo “muro”. Ci si può consolare con la cosiddetta
“ripresina” del primo semestre del 2011, che ci porta a un saldo attivo
annuale dello 0,4%. Ma ormai è inutile nascondersi dietro a un dito.
L’attuale stato dell’economia impone delle scelte. Illudersi su una
ripresa, con lo stato di depressione attuale, è un rischio che non ci si
può permettere, data l’attuale governance europea. E il debito bisogna
aggredirlo e ridurlo drasticamente. Il problema è quale ricetta usare:
tassare di nuovo i già spremuti cittadini italiani oppure ricorrere da
altre soluzioni? Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze
all’Università Bicocca di Milano non ha dubbi al proposito.
Professore, che cosa occorre fare in circostanze come queste?
Pensare di spremere ancora i cittadini
con altre tasse sarebbe il suicidio finale. Il problema che si pone è
quello che affrontano tutti i debitori con minimo di sale in zucca:
vendere quello che hai di valore in casa. Che cosa altro puoi fare se le
tue entrate non riescono a pareggiare le uscite? E oggi lo Stato, con
questo “governo di tecnici”, può fare questa scelta.
Dove sono questi “oggetti di valore”?
C’è un patrimonio immobiliare italiano
pubblico che è calcolato, con una stima approssimativa, su un valore di
300-400 miliardi di euro. Se si riuscisse a valorizzarlo e venderlo, non
svenderlo come stanno facendo adesso in Grecia, significherebbe
abbattere il debito pubblico almeno del 20%. Probabilmente basterebbe
cominciare a vendere qualche cosa, dare un segnale e già questo sarebbe
utile. Il problema è che finora non si vende nulla.
Come mai si ha solo una stima?
Perché i grandi edifici pubblici e
storici non sono catastalizzati. Ma si può rimediare. Poi si possono
mettere in vendita anche le grandi imprese pubbliche. Insomma, per
ripagare il debito bisogna ormai ricorrere al patrimonio, non andare a
ricorrere sempre al conto economico per cercare di mettere nuove tasse.
Questa era un’abitudine anche di Giulio Tremonti, il quale diceva che
aveva un “vestito” dove in una tasca c’era la ricchezza privata e
nell’altra il debito pubblico. Oli Rehn gli rispondeva che mancava la
tasca della ricchezza pubblica. È sperabile che un “governo di tecnici”
arrivi a una soluzione per trovare questa terza tasca del vestito
italiano.
Possiamo fare qualche esempio di grandi palazzi italiani che vengono non valorizzati, ma quasi mortificati?
Senta,
io capisco che Palazzo Chigi e il Quirinale sono dei simboli e come
tali devono restare, ospitando il Presidente del Consiglio e la
Presidenza della Repubblica. Ma vorrei comprendere perché tanti storici e
imponenti edifici pubblici devono offrire il loro spazio al lavoro di
Comuni, Province, Prefetture, Comandi di vigili urbani e dei pompieri.
Perché un luogo come Palazzo Marino deve essere la sede degli uffici del
Comune di Milano? Oppure Palazzo Isimbardi quello della Provincia?
Perché il Comando dei vigili urbani deve stare in piazza Beccaria? Sono
edifici storici di grande valore che sarebbero adatti a ben altra
funzione. Palazzo Marino non potrebbe essere un museo? Poi c’è Brera che
non è in grado di fare vedere tutti i quadri della pinacoteca. E sto
facendo esempi solo piccoli, quelli che mi vengono in mente al volo.
Come si potrebbe mettere in vendita questo patrimonio?
Valorizzandolo e poi creare un
“veicolo”. Si potrebbero emettere titoli, obbligazioni che sono
garantite dal valore dello stesso immobile. Capisco che non è simpatico,
ma se si vuole uscire da questa situazione quale altra strada esiste?
Quella di rimettersi a tassare la gente? Siamo al limite, non è più
possibile. Una manovra coraggiosa e creativa un “governo dei tecnici”
potrebbe permettersela.
Questa è l’unica strada possibile?
Al momento è l’unica strada realistica,
altrimenti si arriva sempre alle manovre e a nuove tasse. Insomma, se si
vuole abbattere il debito si deve pur vendere parte del patrimonio. Che
cosa hanno fatto gli aristocratici inglesi, quando erano a corto di
quattrini, con le loro grandi dimore? Ne affittavano alcune ali e così
risparmiavano. Al momento, altre ricette non ne vedo.
Così l'Italia può "fare causa" alla Merkel
Come
mai l’Eurogruppo rinvia gli aiuti alla Grecia e le borse salgono? Una
spiegazione è che ormai danno per scontato il default ellenico.
Un’altra, in realtà una variante della prima, è che il destino di Atene
non appartiene più ai mercati, ma ai governi. La finanza, dunque, passa e
aspetta di capire cosa farà l’Unione europea, pardon la Germania,
pardon Angela Merkel, perché tutto a questo punto è nelle mani incerte
della Kanzlerin.
Ha ragione Martin Wolf sul Financial Times:
la Grecia è il canarino nella miniera, se muore lui allora vuol dire
che il terribile grisou sta già invadendo le gallerie. Si sente dire: i
greci sono inaffidabili, promettono e non mantengono, il voto di
aprile getta nuove incognite. Antonis Samaras, leader di Nuova
democrazia, probabile vincitore delle elezioni, minaccia di rimettere in
discussione gli accordi. A questo punto, l’Ue vuole garanzie scritte:
George Papandreou ha già impegnato la propria firma e anche Samaras
annuncia di voler inviare una lettera di intenti a Bruxelles per
smentire le sue stesse dichiarazioni verbali. Una sceneggiata che
abbiamo già visto. Anche con l’Italia.
Ma il problema a questo punto è un
altro: quanto è fragile la costruzione monetaria se anche un piccolo
Paese il cui debito è pari al 4% del debito europeo, può provocare un
così grande sconquasso? L’euro può reggere il default di uno Stato senza
avere le ciambelle di salvataggio di ogni moneta che si rispetti? Il
fondo è ancora in discussione, e in ogni caso le sue risorse sono ben
inferiori al necessario. Tutto il peso grava sulla Bce alla quale
vengono messi lacci e lacciuoli nonostante la gestione creativa di
Draghi.
La questione greca, dunque, è diventata
il pericoloso test di una strategia più generale. Angela Merkel ha
ottenuto un risultato importante il 30 gennaio facendo passare il fiscal
compact che obbliga tutti al pareggio di bilancio e a ridurre il debito
fino al 60% del Pil, con un rigido percorso annuale. Per alcuni è un
passo avanti verso una politica fiscale comune, una prova di unità. In
realtà, questa sorta di pilota automatico affida a Berlino il pulsante
europeo, ma nessuno tra i paesi dell’euro è in grado di condizionare la
politica economica tedesca.
Quello che è stato presentato come un
disegno di riduzione della sovranità nazionale a favore di una sovranità
sopranazionale, in realtà sottrae potere decisionale a tutti tranne che
alla Germania. Le nostre sorti così sono legate agli equilibri politici
tedeschi, alle decisioni del Bundestag, alla Corte suprema, alla
partita elettorale. Andremo tutti avanti così fino all’anno prossimo
prima di capire se la Merkel verrà rimpiazzata da uno più falco di lei?
La
prova di unità non sta in regole astratte e formali, ma nella volontà
politica e nei valori fondamentali del progetto europeo. È scritto nei
sacri testi: “L’Unione promuove la coesione economica, sociale e
territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”. Se ci fosse una
vera Corte Costituzionale, i cittadini greci, italiani, portoghesi,
spagnoli, anziché farsi chiamare “porci” farebbero ricorso contro la
violazione del principio di solidarietà, senza il quale l’Unione non
esiste. Per molto meno, in America, gli stati del sud crearono una
confederazione e proclamarono la secessione nel 1860. Nessuno ovviamente
minaccia una guerra civile, anche perché l’Europa ne ha consumate
persino troppe. Ma non bisogna sottovalutare che nell’Ue di oggi come
negli Usa di allora si pone una questione democratica sottostante alla
questione economica e finanziaria.
Lo riconosce pienamente Mario Monti
nell’articolo firmato insieme a Sylvie Foulard, deputata europea
liberal-democratica, pubblicato da Le Monde e da Il Corriere della Sera.
Una “disfunzione” che non riguarda solo gli stati membri, perché “la
mancanza di una discussione aperta accredita anche l’impressione di un
diktat degli Stati più potenti”. Altro che impressione. Bisogna mettere
la questione democratica al centro del dibattito europeo accanto alla
querelle sui tagli, le tasse, gli spread. Come vent’anni fa, quando si
discusse di Maastricht. Allora, tutti sapevano che regolette tipo il
deficit al 3% o il debito al 60% del Pil non avevano nessun valore
scientifico, erano lampade per orientarsi nel buio di un percorso nuovo.
Simili alle lampade dei minatori per riallacciarci alla metafora di
Wolf. Quel che contava era la volontà politica di unire l’Europa mentre
crollava l’Unione sovietica e la Germania riunificava se stessa con
tutte le incognite e i fantasmi che ciò evocava.
Adesso siamo a un altro passaggio
storico. E purtroppo la Merkel e Sarkozy non sono Kohl e Mitterrand.
Riuscirà Monti a essere l’Andreotti che seppe mediare tra loro? Perché
Maastricht porta anche il sigillo di questa Italia un po’ arruffona e un
po’ machiavellica, ma della quale la fredda, cartesiana Francia e la
Germania Sturm und Drang non possono fa a meno.
Amianto, un’altra Casale nell’Oltrepo pavese. A Broni 700 morti. E ancora nessun colpevole
Il processo per le morti causate dalla cementifera Fibronit sta per
iniziare. Eppure per vent'anni le patologie tumorali frequenti non hanno
fatto scattare una reazione di cittadini e amministrazione. “Ci
dicevano che alzando la voce avremmo rovinato l'economia del vino”. Le
telecamere de ilfattoquotidiano.it sono entrate nella fabbrica delle
polveri killer. Dove non ci sono ancora i soldi per la bonifica
“Il male della cementifera”. Era così che la gente di Broni, fino agli anni ’90, definiva la rara forma di tumore ai polmoni che colpiva con preoccupante frequenza i suoi abitanti. La patologia era sempre quella: mesotelioma pleurico. E le vittime si moltiplicavano. Le stime più prudenti parlano di almeno 700 morti accertati fino a oggi. Tutti, in paese, sapevano che il tumore dipendeva dalle polveri fuoriuscite da quella fabbrica, la cementifera Fibronit. Morivano gli operai. Morivano le loro mogli che lavavano le tute impregnate di quella sostanza. Morivano (e continuano a morire, perché il mesotelioma ha una latenza che può arrivare a 40 anni) le persone che vivevano attorno a quell’insediamento industriale – costruito proprio nel cuore del paese – che fra il 1919 e il 1994 ha dato lavoro a 3.798 persone. Ma le denunce non arrivavano. Le associazioni delle vittime non nascevano. Le amministrazioni comunali tacevano. Fino a dieci anni fa, a Broni non c’era nemmeno un riconoscimento ufficiale dei danni ambientali provocati dalla lavorazione dell’amianto.
La storia di Broni è molto simile a quella di Casale Monferrato, dove operava la Eternit (lunedì scorso il tribunale di Torino ha condannato a 16 anni i due ex proprietari). Eppure nell’Oltrepo la reazione, per anni, non è arrivata. A differenza della città piemontese, qui non ci sono mai state – e non ci sono tuttora – bandiere tricolori alle finestre con la scritta “giustizia”. Qui le prime denunce sono arrivate nello scorso decennio. Il processo non ha ancora preso il via, l’udienza preliminare è prevista nelle prossime settimane. Le due associazioni dei parenti delle vittime esistono da meno di 5 anni. E prima? “Broni per un lungo periodo ha rimosso questo problema. A differenza di Casale, c’è stata grande difficoltà ad ammettere che il paese avesse un problema così”, spiega Gianluigi Vecchi, coordinatore provinciale di Legambiente Pavia.
“Ci dicevano che alzando la voce avremmo rovinato l’economia del vino, ci accusavano addirittura di provocare il crollo del mercato immobiliare”, dice Costanza Pace, bronese e membro dell’Associazione esposti amianto: “Solo raccogliendo prove delle piogge acide, mostrando gli effetti dello sfaldamento dei tetti e infine istituendo il registro dei mesoteliomi, siamo riusciti a diventare sito di interesse nazionale”. Ancora più arrabbiato Silvio Mingrino, fondatore di Avani, l’altra associazione delle vittime: “Ho perso mio padre nel ’99 e mia madre mi spiegò che la causa era ‘il male della cementifera’. Poi, nove anni dopo, morì anche lei: mesotelioma pleurico. Quel giorno capii che non potevo più fare finta di niente. Chi doveva tutelarci non l’aveva fatto, dovevamo pensarci da soli”. Mingrino sostiene che le 700 vittime di cui parla Legambiente siano frutto di una stima per difetto. A noi risulta che dal 1978 ad oggi siano decedute per patologie legate all’esposizione all’amianto 1.300 persone”.
L’amianto ha fatto parte della vita di Broni, ne è stato protagonista per più di cinquant’anni: “Qui molto spesso agli operai venivano date le lastre difettose da usare nelle campagne o il polverino residuo per fare il cemento dei vialetti negli orti”, spiega Mario Fugazza, assessore all’Ambiente, che ha fatto un censimento della presenza di lastre di amianto nel Comune: “Le coperture di amianto, dal capannone al ricovero attrezzi, hanno una superficie complessiva di circa 150mila metri quadrati, di cui circa mille sono pubblici”. Le associazioni ora avanzano richieste all’amministrazione: “Deve arrivare una bonifica di tutti i manufatti”, aggiunge Costanza Pace. “A Broni anche chi non lavorava in fabbrica veniva colpito da questo killer silenzioso che usciva dalla fabbrica ed entrava silente nelle nostre abitazioni. E quasi tutti a Broni hanno avuto un morto per malattie causate da queste polveri”.
Già, la bonifica. I tempi sono lunghissimi. Oggi è in corso la messa in sicurezza (che arriva a 18 anni dalla chiusura della fabbrica), per la quale sono stati stanziati circa 5 milioni di euro. Ma fare recinzioni e tappare con dei pannelli le aperture nelle pareti non significa bonificare. Per questa seconda fase non ci sono ancora i soldi. Stesso discorso per lo smaltimento di tutte le lastre rimosse. “Non ci sono ancora i 15 milioni per la bonifica e 10 per lo smaltimento. Dopo la sentenza di Casale questo è inaccettabile”, spiega Gianluigi Vecchi. E l’assessore aggiunge: “Avendo a disposizione una somma non sufficiente per procedere con la bonifica, abbiamo iniziato l’intervento dai capannoni in cui avvenivano le lavorazioni”.
Tra poche settimane a Voghera inizierà il processo, a due anni dall’avviso di chiusura indagini. Dieci gli indagati, tutti ex dirigenti Fibronit. Il pm Giovanni Benelli ha modificato il capo d’accusa da disastro colposo a disastro doloso. Lo stesso reato per cui sono stati condannati, pochi giorni fa, gli ex proprietari di Eternit. “Omettevano volontariamente di adottare gli accorgimenti e i presidi organizzativi”, si legge nell’avviso firmato da Benelli. Non solo: “Omettevano di adottare idonei sistemi per evitare il propagarsi delle polveri”. Le carte giudiziarie, due anni fa, individuavano oltre 570 morti sospette. E dal 2010 a oggi sono morte altre cento persone. L’azienda è fallita, non c’è più traccia della proprietà. Scarse le possibilità di ottenere risarcimenti importanti per i soggetti coinvolti. “Ma il nostro obiettivo – dice Mingrino – non sono i soldi. E’ importante che a Broni si scaccino i fantasmi. E quello che è accaduto deve essere scritto, nero su bianco, dalla giustizia. Grazie alla sentenza di Torino, ora anche la legge ammette che l’amianto uccide”.
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“Il male della cementifera”. Era così che la gente di Broni, fino agli anni ’90, definiva la rara forma di tumore ai polmoni che colpiva con preoccupante frequenza i suoi abitanti. La patologia era sempre quella: mesotelioma pleurico. E le vittime si moltiplicavano. Le stime più prudenti parlano di almeno 700 morti accertati fino a oggi. Tutti, in paese, sapevano che il tumore dipendeva dalle polveri fuoriuscite da quella fabbrica, la cementifera Fibronit. Morivano gli operai. Morivano le loro mogli che lavavano le tute impregnate di quella sostanza. Morivano (e continuano a morire, perché il mesotelioma ha una latenza che può arrivare a 40 anni) le persone che vivevano attorno a quell’insediamento industriale – costruito proprio nel cuore del paese – che fra il 1919 e il 1994 ha dato lavoro a 3.798 persone. Ma le denunce non arrivavano. Le associazioni delle vittime non nascevano. Le amministrazioni comunali tacevano. Fino a dieci anni fa, a Broni non c’era nemmeno un riconoscimento ufficiale dei danni ambientali provocati dalla lavorazione dell’amianto.
La storia di Broni è molto simile a quella di Casale Monferrato, dove operava la Eternit (lunedì scorso il tribunale di Torino ha condannato a 16 anni i due ex proprietari). Eppure nell’Oltrepo la reazione, per anni, non è arrivata. A differenza della città piemontese, qui non ci sono mai state – e non ci sono tuttora – bandiere tricolori alle finestre con la scritta “giustizia”. Qui le prime denunce sono arrivate nello scorso decennio. Il processo non ha ancora preso il via, l’udienza preliminare è prevista nelle prossime settimane. Le due associazioni dei parenti delle vittime esistono da meno di 5 anni. E prima? “Broni per un lungo periodo ha rimosso questo problema. A differenza di Casale, c’è stata grande difficoltà ad ammettere che il paese avesse un problema così”, spiega Gianluigi Vecchi, coordinatore provinciale di Legambiente Pavia.
“Ci dicevano che alzando la voce avremmo rovinato l’economia del vino, ci accusavano addirittura di provocare il crollo del mercato immobiliare”, dice Costanza Pace, bronese e membro dell’Associazione esposti amianto: “Solo raccogliendo prove delle piogge acide, mostrando gli effetti dello sfaldamento dei tetti e infine istituendo il registro dei mesoteliomi, siamo riusciti a diventare sito di interesse nazionale”. Ancora più arrabbiato Silvio Mingrino, fondatore di Avani, l’altra associazione delle vittime: “Ho perso mio padre nel ’99 e mia madre mi spiegò che la causa era ‘il male della cementifera’. Poi, nove anni dopo, morì anche lei: mesotelioma pleurico. Quel giorno capii che non potevo più fare finta di niente. Chi doveva tutelarci non l’aveva fatto, dovevamo pensarci da soli”. Mingrino sostiene che le 700 vittime di cui parla Legambiente siano frutto di una stima per difetto. A noi risulta che dal 1978 ad oggi siano decedute per patologie legate all’esposizione all’amianto 1.300 persone”.
L’amianto ha fatto parte della vita di Broni, ne è stato protagonista per più di cinquant’anni: “Qui molto spesso agli operai venivano date le lastre difettose da usare nelle campagne o il polverino residuo per fare il cemento dei vialetti negli orti”, spiega Mario Fugazza, assessore all’Ambiente, che ha fatto un censimento della presenza di lastre di amianto nel Comune: “Le coperture di amianto, dal capannone al ricovero attrezzi, hanno una superficie complessiva di circa 150mila metri quadrati, di cui circa mille sono pubblici”. Le associazioni ora avanzano richieste all’amministrazione: “Deve arrivare una bonifica di tutti i manufatti”, aggiunge Costanza Pace. “A Broni anche chi non lavorava in fabbrica veniva colpito da questo killer silenzioso che usciva dalla fabbrica ed entrava silente nelle nostre abitazioni. E quasi tutti a Broni hanno avuto un morto per malattie causate da queste polveri”.
Già, la bonifica. I tempi sono lunghissimi. Oggi è in corso la messa in sicurezza (che arriva a 18 anni dalla chiusura della fabbrica), per la quale sono stati stanziati circa 5 milioni di euro. Ma fare recinzioni e tappare con dei pannelli le aperture nelle pareti non significa bonificare. Per questa seconda fase non ci sono ancora i soldi. Stesso discorso per lo smaltimento di tutte le lastre rimosse. “Non ci sono ancora i 15 milioni per la bonifica e 10 per lo smaltimento. Dopo la sentenza di Casale questo è inaccettabile”, spiega Gianluigi Vecchi. E l’assessore aggiunge: “Avendo a disposizione una somma non sufficiente per procedere con la bonifica, abbiamo iniziato l’intervento dai capannoni in cui avvenivano le lavorazioni”.
Tra poche settimane a Voghera inizierà il processo, a due anni dall’avviso di chiusura indagini. Dieci gli indagati, tutti ex dirigenti Fibronit. Il pm Giovanni Benelli ha modificato il capo d’accusa da disastro colposo a disastro doloso. Lo stesso reato per cui sono stati condannati, pochi giorni fa, gli ex proprietari di Eternit. “Omettevano volontariamente di adottare gli accorgimenti e i presidi organizzativi”, si legge nell’avviso firmato da Benelli. Non solo: “Omettevano di adottare idonei sistemi per evitare il propagarsi delle polveri”. Le carte giudiziarie, due anni fa, individuavano oltre 570 morti sospette. E dal 2010 a oggi sono morte altre cento persone. L’azienda è fallita, non c’è più traccia della proprietà. Scarse le possibilità di ottenere risarcimenti importanti per i soggetti coinvolti. “Ma il nostro obiettivo – dice Mingrino – non sono i soldi. E’ importante che a Broni si scaccino i fantasmi. E quello che è accaduto deve essere scritto, nero su bianco, dalla giustizia. Grazie alla sentenza di Torino, ora anche la legge ammette che l’amianto uccide”.
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