sabato 30 luglio 2011

Quante cose può dirci un Big Mac?

Per stabilire se le valute mondiali sono scambiate secondo il loro valore “cottetto”, l’Economist ha ideato il “Big Mac index” basato proprio sul prezzo dell’hamburger più diffuso al mondo. L’assunto di base è che nel lungo periodo i tassi di cambio tra le monete si sarebbero mossi verso la “parità del potere d’acquisto” (purchasing-power parity PPP). In altre parole i tassi di cambio dovrebbero tendere verso l’allineamento dei prezzi di un determinato paniere di beni e servizi in tutto il mondo. Non sappiamo se questo avverrà o meno ma il “Big Mac index” intanto ci permette di monitorare la situazione.
Agli attuali tassi di cambio di mercato, un hamburger è del 44% più economico in Cina che in America. Ovvero se dovessimo attenerci al semplice indice grezzo “Big Mac” riveleremmo che lo yuan è sottovalutato del 44% rispetto al dollaro.
Ma questo avverte l’Economist, potrebbe essere fuorviante perché non è detto che i prezzi economici degli hamburger in Cina indichi necessariamente una forte sottovalutazione dello yuan.
I prezzi medi tendenzialmente più bassi nei paesi poveri che in quelli ricchi, perché i costi della manodopera sono più bassi.
Per stimare l’attuale “fair value” (valore corretto) di una moneta l’Economist utilizza quindi la “line of best fit” (linea del miglior adattamento) tra i prezzi del Big Mac e il Prodotto Interno Lordo per persona. La differenza tra il prezzo previsto per ogni paese, dato il suo reddito medio, e il prezzo corrente offre un indicatore migliore della sovra o sottovalutazione di una moneta rispetto all’indice grezzo. Così facendo scopriamo che il real brasiliano è la valuta più sopravvalutata del mondo e che anche l’euro è sopravvalutato in maniera significativa. Mentre lo yuan in questo momento sembra essere vicino al suo “fair value” rispetto al dollaro, cosa che, avverte la rivista, dovrebbe far riflettere di più i politici americani. Di seguito la tabella interattiva con tutti i dati. Se invece avete intenzione di approfondire la questione qui troverete il servizio completo dell’Economist.

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