mercoledì 9 novembre 2011

Berlusconi trascina l’Italia alla rovina


El País
Il primo ministro, incapace di intraprendere le riforme indispensabili a causa del veto degli alleati della Lega Nord, rimane aggrappato al potere per mantenere l’immunità
Al momento della chiusura di questa edizione, incredibilmente, Silvio Berlusconi era ancora al potere. Il giorno in cui, probabilmente vicino, il primo ministro italiano non avrà altra scelta che fare il passo indietro che tanti gli chiedono, non ci sarà né la voglia né la forza per festeggiare. La grande crisi che attraversa l’Europa ha lasciato l’Italia nuda davanti allo specchio. Finora quello che l’opinione pubblica conosceva di Berlusconi erano i suoi comportamenti inappropriati, le sue tristi follie sessuali, i suoi problemi con la giustizia. Una cortina di fumo perfetta per nascondere un’amministrazione terribile, un paese con i conti in rosso, una classe politica screditata, un autentico disastro avvolto nella bella confezione del paesaggio, degli abitanti e della storia.
Ora a causa della grande crisi i riflettori di tutto il mondo sono puntati verso questo angolo della vecchia Europa. Al di là della cortina di fumo è comparsa in prima istanza la redditizia agonia di Berlusconi. Il Cavaliere, il cui modo di governare si è sempre basato su favori, sa meglio di chiunque altro che è politicamente morto, che il suo futuro nella vita pubblica è ormai impossibile. La sua testardaggine a continuare ad ogni costo come capo del governo ha una sola spiegazione: l’immunità. Finché continua arroccato all’albero del potere, i giudici continueranno a ululare intorno a lui, ma non potranno raggiungerlo. I processi andranno in prescrizione. Berlusconi la farà franca. Ma quanto costa tutto ciò? Questa è la seconda questione.
Una questione che, a sua volta, deve essere divisa in due. Quanto costa a Berlusconi e quanto all’Italia. Il primo non ha molta importanza. In Italia tutti danno per scontato e accettano il fatto che il patrimonio di uno degli uomini più ricchi d’Europa – secondo la rivista Forbes le sue imprese sono valutate nove miliardi di dollari – è stato fondamentale per la sua ascesa al potere e soprattutto per la sua permanenza. La questione fondamentale pertanto è quanto costa al paese.
Forse non c’è miglior esempio che la questione delle pensioni. Se si incrociano i dati dell’età di pensionamento e dell’aspettativa di vita, l’Italia sarebbe il paese al mondo dove si vive più anni prendendo la pensione – 22,2 anni per gli uomini e 26,9 per le donne -. Questo vale soprattutto per un tipo di pensione chiamata di anzianità. Ha diritto a questo sussidio chi ha pagato i contributi per 40 anni o chi somma 97 anni tra gli anni lavorati e la propria età . Il risultato è che piu di 130.000 persone sono andate in pensione nel 2010 con meno di 60 anni, quasi quattro milioni di italiani prendono attualmente la pensione, e lo Stato spende ogni anno 73 miliardi di euro.
Come dicono i telegiornali – lo dicono Angela Merkel e Nicolas Sarkozy a Silvio Berlusconi ogni volta che lo incontrano -, le pensioni di anzianità sono un lusso che né l’Italia né l’Europa si possono permettere. Il Cavaliere dice che lo capisce, però poi torna a Roma e il suo alleato al Governo – Umberto Bossi, il rude leader della Lega Nord – gli sussurra nell’orecchio qualcosa di più convincente: “Se si toccano le pensioni, faccio la rivoluzione”. O lo stesso, se si toccano le pensioni di anzianità – di cui gode soprattutto l’elettorato di Bossi – Berlusconi cadrà dall’albero del potere e i lupi, invece di ululare, potranno alla fine raggiungere la preda che da tanto tempo desideravano.
Cosicché, alla chiusura di questa edizione, incredibilmente Berlusconi continua ad aggrapparsi al potere, però ormai senza la maschera, nudo davanti allo specchio.

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