Il 2011 è stato segnato da decine di vicende di tangenti a livello
locale. Dal preside al medico, dal funzionario comunale al sindaco. Per
la Corte dei conti il costo della corruzione vale 60 miliardi annui
Se vuoi vendere merendine e bibite nella mia scuola, dammi 300 euro al
mese. Al barista di Ravanusa (Agrigento) che si è sentito rivolgere la
richiesta è venuto un colpo. Una tangente per entrare nell’istituto
durante l’intervallo. E anche piuttosto cara. Così ha avvisato i
carabinieri e Pino Calogero Bona, vice preside della
media Alessandro Manzoni, è stato arrestato. Per poi patteggiare lo
scorso marzo due anni di carcere con sospensione della pena. Una storia
come tante, in un Paese dove la mazzetta si continua a chiedere e a
offrire. Tanto
che a scorrere le cronache del 2011 si capisce perché la Corte dei
conti stimi il costo annuale della corruzione per le casse dello Stato
in 60 miliardi di euro. Stesso ordine di grandezza di una manovra del governo.
Casi di piccola corruzione che coinvolgono il cittadino comune. A fianco
di scandali di livello nazionale, che coinvolgono aziende come
Finmeccanica. Inchieste su tangenti con al centro politici di destra. E
di sinistra. Ci sono Marco Milanese, deputato del Pdl ed ex braccio destro di Giulio Tremonti, e Alberto Tedesco,
ex senatore del Pd coinvolto nell’inchiesta sulla sanità pugliese.
Entrambi salvati dall’arresto grazie a un voto del Parlamento. Filippo Penati e Franco Nicoli Cristiani
sono ex colleghi di schieramenti opposti alla vice presidenza del
Consiglio regionale della Lombardia. Il primo è nel mirino della
magistratura per un giro di presunte tangenti sull’ex area Falk di Sesto
San Giovanni, alle porte di Milano. Il secondo è finito in manette
perché trovato in casa con i 100mila euro che l’imprenditore Pierluca Locatelli
gli aveva consegnato per facilitare i permessi per una discarica. Ma
l’almanacco della mazzetta 2011 è pieno di nomi di politici che operano a
livelli più bassi. Rimanendo in Lombardia, per l’ex sindaco di Cassano
D’Adda, Edoardo Sala, sono state predisposte le misure
di custodia cautelare in carcere a conclusione di un’indagine su
tangenti per tre milioni di euro legate a modifiche del piano
urbanistico.
Risultato: nella classifica del Corruption perception index redatta ogni
anno dall’organizzazione non governativa Transparency International
l’Italia è scivolata nel 2011 dal 67esimo al 69esimo posto, seguita tra i
Paesi dell’Unione europea solo dalla Grecia. “L’indicatore della
corruzione precipita – spiega Maria Teresa Brassiolo,
presidente di Transparency International Italia – influenza il rating
del nostro Paese e quindi anche lo spread”. Come a dire: le conseguenze
economiche delle tangenti sono più gravi di quanto si pensi. “Rispetto
al resto del Continente – continua Brassiolo – in Italia è molto più
diffusa la piccola corruzione”. I protagonisti del malcostume non sono
quindi tanto i manager delle grandi multinazionali, poco numerose da
noi, ma l’imprenditore locale, l’assessore del piccolo Comune, il
consigliere della municipalizzata o il funzionario pubblico. Fenomeno
che secondo Brassiolo dipende dal fatto che “in Italia c’è una
tolleranza maggiore dei cittadini alle situazioni ingiuste e
all’illegalità: sono in tanti a cercare di trarne vantaggio, senza
scandalizzarsi”. A un cittadino, insomma, viene chiesta una mazzetta. E
lui, anziché indignarsi e sporgere denuncia come accadrebbe in altri
Paesi, spesso si accorda con la controparte.
A volte, però, qualcuno non ci sta. Come il pensionato novantenne che lo
scorso aprile ha fatto arrestare in flagranza di reato un ufficiale
giudiziario di Roma: gli aveva chiesto 200 euro come obolo per ottenere
l’esecuzione di uno sfratto per morosità. In carcere, a dicembre, è finito pure Gianluca Carta,
il geometra del Comune di Milano che ha chiesto alla griffe Bluemarine
2mila euro per un aiutino al permesso per aprire un negozio.
Almeno altri due sono i casi nell’ultimo mese dell’anno che rendono bene l’italico malcostume. Carlo Cetera,
primario di Ginecologia all’ospedale Pieve di Cadore (Belluno),
speculava sui sogni di maternità e paternità delle coppie che non
riuscivano ad avere figli e chiedeva fino a 2.500 euro per ridurre i
tempi di attesa per accedere alla procreazione assistita. Questa
l’ipotesi degli inquirenti che hanno ottenuto il suo arresto. Alessandro Zeschi,
ispettore dell’ufficio stranieri del commissariato Prenestino a Roma,
aveva invece buon gioco con gli immigrati: niente bustarella, niente
permesso di soggiorno.
Tra le cause del proliferare della corruzione in Italia Nicola Pasini,
docente di Sistemi politici e amministrativi all’Univeristà degli studi
di Milano, individua il cattivo funzionamento della pubblica
amministrazione: “Spesso i meccanismi farraginosi della burocrazia
rappresentano degli ostacoli per aggirare i quali vengono usate le
mazzette”, spiega. In Italia poi non esiste un sistema di lobbying
trasparente, ma i tentativi di influenzare i funzionari pubblici vengono
fatti di nascosto. “E la stampa – continua Pasini – non svolge la sua
essenziale funzione di cane da guardia”.
Così accanto alla cricca di Balducci, Anemome e Bertolaso,
finita sotto inchiesta per gli appalti del G8, crescono su un terreno
fertile le piccole cricche. Come quella dell’isola di Ponza, dove a
settembre è stato arrestato il sindaco Pompeo Rosario Porzio,
insieme a tre assessori e tre imprenditori: tutti accusati di essersi
messi d’accordo sull’affidamento di undici appalti, per un valore
complessivo di tre milioni di euro. Giunta decapitata sull’isola dei
vip. E giunta colpita da uno scandalo dopo l’altro a Parma, dove tre mesi fa il sindaco di centrodestra Pietro Vignali
si è arreso alle manifestazioni di indignati sotto il municipio. E si è
dimesso, dopo che per tangenti gli erano via via stati arrestati il
capo dei vigili, un assessore e diversi funzionari comunali .
Non è solo nei bar di Parma che si è parlato di corruzione oltre che di
sport. A Venezia sette dipendenti comunali sono finiti in manette a fine
marzo per mazzette su permessi per l’ampliamento di strutture
turistiche, mentre a inizio febbraio erano stati arrestati due
funzionari della Provincia e cinque imprenditori: le mazzette arrivavano
al 3% su almeno 5 milioni di lavori pubblici e il procuratore aggiunto
del capoluogo veneto, Carlo Mastelloni, aveva parlato di una “cricca degna di Tangentopoli”.
Un bel po’ più a sud della Laguna, sotto il Vesuvio la moda 2011 è stata
la mazzetta pro assunzione. Per un giro di tangenti imposte a chi
ambiva a un posto di lavoro sono stati arrestati Sabato Carotenuto, ex direttore dell’azienda trasporti di Napoli (Anm), e Vincenzo Colimoro,
dipendente dell’azienda e sindacalista Uil. Questo accadeva a maggio.
Passati due mesi, a finire sotto accusa è stato il sistema di assunzioni
clientelari e il giro di tangenti in un’altra municipalizzata: l’Asia,
che nel capoluogo campano vuol dire raccolta di rifiuti.
Dalle Alpi alla Sicilia abitudini simili. Eppure, in mezzo allo Stivale,
il disegno di legge anticorruzione continua a rimanere bloccato in
Parlamento. Il
Fatto quotidiano ha già portato avanti nel 2010 una campagna per un
testo più rigoroso di quello in discussione allora e mai approvato.
“La legge va votata al più presto – sostiene Maria Teresa Brassiolo –
con alcune correzioni coerenti con gli impegni internazionali. Va
introdotto ad esempio il reato di corruzione tra privati, perché anche
una mazzetta data da un fornitore al buyer di un supermercato incide sui
costi dei cittadini”.
Secondo Nicola Pasini è essenziale poi intervenire non solo a valle del
malaffare, punendone i colpevoli. Ma bisogna anche fare prevenzione,
“attraverso l’educazione civica nelle scuole e l’insegnamento nelle
università dell’Etica pubblica, una disciplina che è presente in tutte
le business school dei Paesi anglosassoni. Importante sarebbe poi dotare
gli enti di opportuni codici etici”. Misure che, secondo Pasini,
potrebbero portare a un cambiamento di mentalità, necessario per
sconfiggere la corruzione. Visto che dagli anni di Tangentopoli ad oggi
non si è indebolita “la collusione tra sistema politico, sistema
economico, burocrazia pubblica e anche società civile”.
Battaglia difficile in un Paese dove le bustarelle non sono solo un
mezzo per accaparrarsi opere pubbliche. Grandi classici si sono infatti
confermate per tutto il 2011 anche le mazzette offerte dalle imprese
funebri agli infermieri delle camere mortuarie per ricevere prima dei
concorrenti i dati sulla famiglia del caro estinto di turno. E le
tangenti chieste da funzionari pubblici di mezza Italia per consegnare
senza troppi problemi la patente di guida, quella nautica o una
qualsiasi licenza.
Tutti fenomeni destinati ad aggravarsi con la crisi, che secondo Maria
Teresa Brassiolo un effetto lo ha già avuto: “Il sistema statale è in
ritardo coi pagamenti per 60 miliardi di euro – dice -. E così alla
corruzione nella fase di aggiudicazione dell’ordine si aggiunge quella
nella fase del pagamento”. All’imprenditore magari viene chiesta un
oliatina per far partire il bonifico. E se lui non ci sta, rischia il
fallimento.
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