Una nuova tassa sta per ricevere il benvenuto dal nostro sistema
fiscale: si tratta del cosiddetto superbollo auto, l’imposta che si
riferisce alle autovetture più potenti e che entrerà in vigore per la
prima volta a partire dal prossimo 10 novembre. Il bollo in questione non è altro che una addizionale
che va ad applicarsi su quelle auto che hanno una potenza superiore ai
duecentoventicinque chilowatt. Peccato che, nonostante un apposito
decreto di pochi giorni fa, i punti ambigui siano ancora molti, così
come la reale efficacia di questa misura. L’intento dell’Agenzia delle Entrate
è quello di separare in maniera opportuna i flussi contabili ed ha già
predisposto un apposito modello F24 per il versamento, ma resta il fatto
che il nuovo tributo assomiglia tanto all’ennesima forzatura per
battere cassa. Se ne parlava male già prima dell’introduzione,
anche se, a ben vedere, i propositi sono interessanti, ovvero colpire
dal punto di vista fiscale le autovetture di maggiore cilindrata, quelle
più potenti e quindi anche inquinanti. Il problema sta nella
caratteristica principale del bollo, visto che esso è retrodatato: che
cosa vuol dire? Il decreto parla chiaramente di una tassa che va
applicata non al momento dell’entra in vigore ma da tre mesi prima,
quindi questo significa che il superbollo deve essere pagato anche da
coloro che hanno venduto la macchina dallo scorso mese di luglio. Come
si è potuta creare una situazione così strana? Le finalità sono giuste,
ma questa tassa di proprietà coinvolge anche quei contribuenti che non
sono più proprietari della vettura: è tutto scritto chiaramente nel
decreto, quindi non c’è nessuna forzatura o una volontà estrema di
contestare il governo. Più che altro, questa novità potrebbe fornire lo
spunto per nuove tasse retrodatate; insomma, per ora tocca alle macchine
potenti, ma in futuro cosa si rischia? Il malcontento è diffuso, un
tavolo tra le parti, associazioni dei consumatori comprese, è quantomeno
necessario, altrimenti la confusione e l’iniquità regneranno sovrane.
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